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Tutti i gradini per casa tua

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Ho finite le iperboli, dismessi i barocchismi, rinunciato alla comprensione piena della realtà ed  ho asservito  al pragmatismo più banale persino il linguaggio: avevo già capito che non c'è letteratura che valga la vita ma che la vita in nuce stesse tutta nell'essenzialità delle parole che la sostanziano e con altrettanta efficace sintesi sanno descriverne vividamente tutti gli accidenti, questo no. Nessuno me lo aveva ancora spiegato e non pensavo che al banco del pane, in un anonimo sabato sera terracinese, l'avrei finalmente imparato. Forse prima d'oggi non sono mai stato attento, altrimenti mi sarebbe già stato chiaro (e da molto) che dietro qualunque banco si sia -fosse pure quello del pane- bisogna accomodarsi per prendere appunti ed ascoltare la saggezza di chi arringa dalla cattedra, ornata di volumi che solo un insipiente quale sono (sic!) non riconoscerebbe come tali. In buona attesa, col cestino pieno di latte (e che c'è di più quotidiano e banale del p...

Piegare le lenzuola

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 Ripensavo, non molti anni fa, in un momento nel quale la mia felicità mi pareva inafferabile per tanto vicina che fosse, ad attimi di più concreta beatitudine dove il tempo aveva acquistato un senso personale solo perché condiviso e condiviso nell'azione: è più di quanto uno come me, da sempre votato all'inazione, possa sperare anche oggi di vivere. Se non ci si lascia paralizzare dal timore di scendere più in profondità nella conoscenza e nel vivere quotidiano dell'altro, questo tipo di vita costituisce in verità il gustoso preludio alle più care trentanove parole . Ricordo, però, come in quei momenti di amorosa nostalgia tutti li miei penser non potessero che parlare d'amore ed anche quelle lenzuola lievi costituivano la succinta veste al nostro abito adamitico. Era il linguaggio parlato dalla pelle che leggeva nelle lenzuola dei "sudari di dolcezza" . Qualche giorno fa stavo piegando, solo, le lenzuola e mi è stato improvvisamente chiaro come un compito c...

Rêver

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 La giornata di oggi segna l'inizio astronomico della Primavera: bentornata, amica mia! Non ho granché di cui lamentarmi: qui, su questo scoglio solitario, presso la punta di vedetta della mia terra tutta che si protende verso il mare, godo della mia beatitudine. Ho finalmente avuto il lavoro dei miei sogni, che comincerò però solo il mese prossimo (perciò ho TAAANTO tempo libero), non ho preoccupazioni di sorta e mancano due giorni al mio compleanno. Potrei chiedere o desiderare qualcosa di più dalla vita? Onestamente, sì. Okay, bene, sono davanti al mare e mi manca comunque qualcosa: un pensiero profondo per cui gioirne vedendolo, che mi si rievochi al solo rimirarlo; una gioia feconda che mi faccia desiderare d'abbbracciarlo; un patimento sul quale struggermi. Sono davanti al mare e me ne manca la vita. Certo, come sempre mi sento parte di tutta la storia bimillenaria che mi abbraccia e, mentre Dalla canta di Caruso e dei suoi amorosi sensi, mi figuro navi greche solcare il ...

Alla Donna passata

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 Mia carissima, sembra non passare giorno senza che una parte di me, per quanto piccola, ti riservi un angolo di tempo, un lasso di spazio consacrato all'incidentalmente pensarti: il resto di me, invece, compie lo sforzo immane non già di dimenticarti ma di porre a quest'alterità pensante, che ti figura in un passato nel quale immaginavamo il presente, la domanda di senso che succede quei giorni pregni di significato: "Perché?" Perché riaffiori? Perché sei ancora qui? Perché lasci che la sua figura trasparisca come un'eco del passato? Ci sono momenti nei quali, specchiandomi in un vetro che guardi al domani, rivedo fra luci ed ombre la mia immagine riflessa e la tua pure, che si sovrappone a tutti i futuri possibili ed in quelli più concreti riaffiora sui volti che travedo vicini e mi figuro tratti nuovi ed immaginifici capaci di ricomprenderti. A questo punto della mia vita, dove pensarti diversamente non è più solo un'ipotesi, mi chiedo se la ferocia con la ...

Ascolta, mio povero cuore

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  Ascolta, mio povero cuore vedovo d'amore, ti porto la consolazione: voglio raccontarti la storia dell'uomo che andò a cercare se stesso, battendo di palmo in palmo la più santa delle terre, e toccò con le sue mani le stesse pietre che il Cristo avrebbe potuto tramutare in pane; ma che tornò colle ossa rotte e forse ancora più peccatore, i piedi smarriti, lo sguardo sperso ma una corda innamorata e la cassa espansa da tanto affetto trovato e poi nuovamente celatosi. Voglio raccontarti la storia dell'uomo che tanta parte ha spesa del suo tempo a costruirsi un futuro di carta, che pare però non addivenire, e su questo ha scritto appassionate pagine vergate d'un inchiostro sanguigno: ti dirò di come abbia combattuti acqua e vento, galoppate in treno le vaste distanze che lo separavano dalle sue speranze, rinverdite le sue gioie nei verdi pascoli dove i libri si incontrano e ne sia comunque uscito sconfitto. Ti dirò dell'improba sua battaglia per ricevere delle sue fat...

Ozymandias, ovvero le vestigia della mia grandezza

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Passati sono i tempi nei quali agivo come un ‘tombeur de femmes’, con una compassata disinvoltura (in verità mai posseduta) che sempre malcelava la mia rigidità. I capelli cadono, una incipiente calvizie avanza trasformando la mia testa in una agorà, ma non per idee. Indosso un ridicolo taglio di barba che mi ricorda e la mia pigrizia nel raderla con frequenza e la necessità di caratterizzare un volto con qualcosa che, una volta almeno, possa essere io -e non il tempo- a decidere. Mentre la mia intelligenza perde progressivamente il suo lustro e la sua effervescenza, la mia aura di bislaccheria il suo smalto. I modi una volta compassati ed eleganti si fanno solo più bruschi, l'educazione si muta in affettazione apertamente ironica, quando non sarcastica. La brillantezza di tutta la mia persona, mostra le sue crepe decadenti. Eccola l'età del cambiamento, eccola la fine dei vent'anni: gastrite, reflusso e dolori alla cervicale. I poveri nervi che fanno tanta parte del co...

Un cuore grande

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 Vorrei saper avere un cuore grande, perché mi pare non esserci abbastanza spazio per stipare tutta la stima, l'affetto, l'amore che imparo ogni giorno a poter portare a chi condivide tanta parte di questa strada con me: questi affetti, questi amori, questi amici che non se ne vanno e che tanta più distanza acquistano quanto più profondamente mi si inscrivono nel cuore e chi mi ha già preceduto nella speranza, si è conquistato un posto che nessuno potrà mai togliergli. Vorrei un cuore grande almeno il doppio: oh non perché speri di saper proporzionalmente amare, ché chi tiene certa materia trattata come numeri poi solo in numeri e percentuali sa parlare, e allora dico che vorrei un cuore grande almeno il doppio perché se anche non amerei il doppio quantomeno avrei lo spazio necessario per indagare a fondo e appieno quello che già provo e chissà -io aggiungo- che non avanzi davvero un posticino per qualche nuovo amico. Vorrei un cuore grande il doppio, grande che si noti da una ...