Ascolta, mio povero cuore

 Ascolta, mio povero cuore vedovo d'amore, ti porto la consolazione: voglio raccontarti la storia dell'uomo che andò a cercare se stesso, battendo di palmo in palmo la più santa delle terre, e toccò con le sue mani le stesse pietre che il Cristo avrebbe potuto tramutare in pane; ma che tornò colle ossa rotte e forse ancora più peccatore, i piedi smarriti, lo sguardo sperso ma una corda innamorata e la cassa espansa da tanto affetto trovato e poi nuovamente celatosi. Voglio raccontarti la storia dell'uomo che tanta parte ha spesa del suo tempo a costruirsi un futuro di carta, che pare però non addivenire, e su questo ha scritto appassionate pagine vergate d'un inchiostro sanguigno: ti dirò di come abbia combattuti acqua e vento, galoppate in treno le vaste distanze che lo separavano dalle sue speranze, rinverdite le sue gioie nei verdi pascoli dove i libri si incontrano e ne sia comunque uscito sconfitto. Ti dirò dell'improba sua battaglia per ricevere delle sue fatiche i giusti compensi, delle mille idee bistrattate, i consigli invisi, l'orgoglio ferito e la ragione offesa. Ti racconterò di quella pace che, dimenticata, lo fa ora boccheggiare quando manca e che lo rende di sé famelico: te ne descriverò i colli morbidi che guardano lontano, gli echi leonardeschi delle prospettive che si allungano a disegnare un orizzonte poco ben voluto quando si ha l'agnognata quiete. Ti parlerò delle sue preghiere feroci e violente, povero cuore mio, e tu mi dirai se ti riconosci in quest'uomo. Tu mi dirai se nei suoi battiti rileggi i tuoi. Se ti ricordano -puoi tu davvero averlo dimenticato?- qualcosa gli oltraggi subiti alla dignità ed all'onore. Tu mi dirai se li hai perdonati -lo hai fatto?- o se ancora bruciano come i giorni nei quali ti venivano rivolti. Commenterai i passi che hanno attraversato deserti e ci troveremo a desiderarne, e veramente di te, ancora. Chiederemo, insieme, al petto ed alle braccia se ricordano gli amplessi verecondi che rendono e uomini e donne più che soli fratelli: li ricordi tutti e trenta? Perch'io, talvolta, ho come l'impressione di averne dimenticato qualcuno: di non aver amato, abbracciato, sperato, ascoltato abbastanza e, di ogni attimo nel quale non mi trovassi solo dinanzi a Dio, rimpiango questi solamente. Hai tu colpito più forte per una pietra che per un uomo? Io non lo credo.
Povero piccolo cuore, tutto intento -e senza requie- a fissare scolpendoli istanti da rimembrare quando, davanti a Iddio, ti consegnerai per essere carezzato e disvelare ogni tua cosa segreta: parlerai tu per me. Adesso che Egli viene, cosa saprai raccontargli?
Cominceremo -ecco perché è fruttuoso l'attendere- dicendogli che a Lui abbiamo consacrato quest'anno, descrivendogli quel bene visto e riecheggiato nelle voci dei molti nostri fratelli che i nostri stessi affanni condividono; Gli diremo che abbiamo trovato un nome che ancora ci ha addolcito le labbra, che dell'odore degli agrumi è intrisa la bellezza e che, sebbene già disattesi, abbiamo fatti giuramenti d'amorosa fedeltà ai quali ci votiamo come le più care fra le nostre promesse di sempre. A Lui alzeremo i nostri calici, fra gli amici, per brindare ancora ed ancora e tutto ci rimettiamo alla Sua munificenza.
A Cristo che era che è e che viene, Signore del Tempo e della Storia, lode perenne nei secoli dei secoli. Amen!

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