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Visualizzazione dei post da gennaio, 2014

Il colore del grano

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Tre anni sono ormai passati dal giorno in cui Itaca ha visto la luce. In questi tre anni, questo spazio, mi ha visto maturare stilisticamente e personalmente. Sono orgoglioso dei numerosi passi verso la meta che ho potuto compiere grazie a queste pagine. Non ho molte parole per questa occasione, se non la voglia di ricordare. Come i più assidui e più vecchi lettori (i "miei amati cari quattro lettori") ricorderanno, l'esperienza di blogging iniziò per me nel lontano 2008 sulle pagine de "Il grano sussurra". Mi piace ricordare quelle pagine: il loro spessore interiore ma scarsamente stilistico, la capacità che possedevano di alleggerire il mio passo, lenire il mio cuore ed impedire che il mio dolore trovasse isfogo sulle carni altrui. Sono online da circa sei anni ed ho prodotto, in questi non-luoghi, tanti scritti quanti non ne annovera persino il mio carteggio personale e la somma dei miei appunti. Almeno credo: dovete perdonarmi ma, non avendo le carte s

Abito bianco

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A Te, che presto lo indosserai; alla mia piccola Elisa Faccio fatica a scendere dalla macchina: non capisco perché lui ne abbia affittata una così grande. Francamente, questo tizio, che fino a ieri sembrava essere perlomeno passabile, inizia a non garbarmi più: e non sono geloso. No, no, non è gelosia, non capisco perché tua madre insista così tanto nel dirlo! Quando fu il giorno delle mie " trentanove parole ", ricordo bene di aver preso una carrozza per tua madre. Quanto era eccitata! Tua nonna mi confessò che il suo sogno, fin da bambina, era proprio quello: scendere da una vera carrozza trainata da purosangue arabi, di colore nero. Perché neri? Beh, perché l'unica a dover essere in bianco, quel giorno, sarebbe dovuta essere lei (che donna mia moglie!). E così feci. Le presi una carrozza, non mi importava il mezzo, avrei avuta la mia ricompensa: il suo sorriso, più grande di un arcobaleno e più luminoso di un candeliere di Versailles. Ah, quanti ricordi!

Cara P. ti scrivo...

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"Ho letto il tuo articolo (posso definirlo così?) tutto d'un fiato e sono scoppiata in lacrime dopo la prima metà. Mi sono ritrovata in molte cose che dici e rendermi conti di non essere mai stata adolescente mi ha sconvolta. Sono passata dall'essere bambina all' essere... Boh. Cosa sono? Sono molto matura per la mia età perché mi sono trovata a gestire situazioni molto pesanti che una diciassettenne non dovrebbe vivere, ho delle responsabilità che dovrebbero avere solo gli adulti e ciò mi fa sentire donna. Ma sono anche bambina, non ho il coraggio di esprimere ciò che provo e per quanto mi riguarda il sesso (che è ciò che differenzia una bambina da un'adolescente e da una donna) per me è un tabù. Ho paura di avere rapporti seri con le persone e per il fatto di non essere né una ragazza né un'adulta mi trovo sempre fuori luogo. Mi dispiace per essermi dilungata e se non pubblicherai il mio commento non mi offenderò :)" Tredici giorni fa, sotto un

Altalene

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Le altalene hanno cambiato tutta la mia vita, tutta. Ogni punto di svolta, ogni nodo cruciale, ricorda un'altalena, anche un poco distante. Arrivo piano. A “passi tardi et lenti” cammino sul selciato. Mi avvicino col leggero cuore appesantito da quello che vedo: sopra di me è la notte, sotto di me bruna terra. Mi siedo: un braccio perso nel nulla, l’opposta mano saldata in alto alla catena. Eccola, la nuova Pietà: pietà d’uomo senza dolore, un affranto senza dolenza. Comincio a dondolarmi. Su e giù, su e giù, su e giù. Non ha senso, ma il cuore sembra alleggerirsi nel suo anelito d’altezza. Sono un bambino senza perché. Mi fermo, prima che il mio desiderio mi spinga come un proiettile nel mentre del suo moto parabolico. Ristò a lungo così. Lasciatemi divertire, lasciatemi riposare. Il vento che mi accompagna, e muove l’altalena che mi sta di fianco, ha l’odore delle pietre antiche durante le sere serene. Un’altalena, percezione di movimento, di slancio di un corpo e

AnnoZero

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- Buongiorno, prego. Ecco, da questa parte. Signora Speranza si accomodi. Benvenuta nel mio umile cuore. Le piace il vestibolo? Vedrà, il salotto è anche meglio! La Speranza guarda, dicendo qualcosa tra sé e sé. - Gradisce un thé? O forse un caffè? - Caffè, grazie. - E caffè sia. (Dopo qualche secondo, dalla cucina) Metto su il caffè e sono subito da lei. Passa ancora un minuto - Eccomi, eccomi, mi scusi. - Allora, mi ha invitata qui oggi e... - ...e lei voleva sapere il perché. - Beh, ovvio! - Signora Speranza, prima di dirle perché l'ho invitata qui, vorrei raccontarle un poco del mio passato anno, se permette. - Ovvio, ovvio. Non ci sto capendo molto, ma dica ugualmente: oramai son fatta curiosa. - Il mio passato anno non è iniziato bene: il saldo era negativo fin dal primo giorno, e negativo di molto. Avevo persa Zippora, la mia più cara amica, e questo perché, di lei, m'ero infine innamorato. Inevitabile, oserei dire. Non sarebbe potuta andare altrimenti: co