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Pragmatica del cuore

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"È stato tanto grande e ormai non sa morire Per questo canto e canto te La solitudine che tu mi hai regalato Io la coltivo come un fiore" C'è una disciplina che, arrivati ad una certa età, si comincia più o meno tutti a praticare: è una questione di necessità e di virtù, dove l'una e l'altra le si esercitano per il bene proprio e, inconsapevolmente, del mondo intero. Si chiama "pragmatica del cuore", ed è l'arte di applicare la realpolitik al confine delicato e sempre sfumato fra l'intimità e la privatezza. È l'arte, signori miei, del sano realismo dei sentimenti, dove l'ago della bilancia è il raggiungimento ed il mantenimento della stabilità delle passioni e degli affetti ma è anche l'arte del riconoscersi grati: grati a Dio per tutte le persone che son passate nella propria vita e che si sono amate, grati per tutte le persone che hanno deciso di rimanere e che si amano e che ci amano di rimando per quell'amore che esige di es

Minuetto per una tessitrice

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"Non ricordavo che un sorriso potesse essere così dolce e un'assenza così amara" - dico, sfiorando la ceramica rossa del pavimento- "mi manchi: mi pare di annegare nell'aria che c'è fra me e te" "Dove sei?" "Seduto sul pavimento del mio ingresso, è tutto buio. Ha un senso per te?" "Se la tristezza ha un senso, allora sì" "Sei triste?" "Non sei qui" aggiungi, con la voce rotta da una commozione fatta di brevi e minime. Perché gli affetti alle loro prime battute si nutrono, quasi si beano, della necessità dell'altro e la rendono una virtù che neppure le scienze morali sanno spiegarsi ed a cui qualcuno dà nome, non bastevolmente, "reciprocità". "Mi manchi, Monica" dico ancora, appassionatamente e con più enfasi. "Non mi chiamo Monica, Claudio" mi ridici affabile e delicata "No, è vero. Ti chiami così solo qui, nel ricordo che ho di alcuni nostri momenti e ch

Ottobre

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Certe considerazioni le si attenderebbero piuttosto a ridosso di date o scadenze significative e, per certi aspetti, forse è così. Considero l'autunno sempre una stagione felice (la più felice dell'anno, per me) ed un preludio a tutte quelle che verranno: come se il mio personalissimo Capodanno si situasse in questo particolare momento del fluire della vita nella vita del mondo, e non credo sia un caso che anche oggi sia perciò una festa mariana ed una di quelle a cui sono assai più legato, per giunta! Vengono, insieme a questa stagione, tutta una serie di riflessioni: non sull'anno che si avvia alla fine ma sull'esistere e sul come stare al mondo e che cosa questa apparentemente semplice cosa comporti. Che esistere non possa bastare all'uomo innamorato, ed innamorato della vita, è cosa lapalissiana ed assodata da anni: solo l'uomo che esperimenta l'amore trasforma l'esistere in più che semplice respirare . Alla soglia dei trent'anni, tutto proteso e

Rottura

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Tutti i rapporti prima o poi giungono ad una fine, tutti. Qualunque senso gli si voglia dare o attribuire, è ineluttabile. Un lettura escatologica, questa delle relazioni, talmente profonda da presentare variazioni soltanto nel modo di viverle: ciò significa che il termine di una relazione coincide spesso con una trasformazione della stessa anziché con un vero distacco. La relazione che vedo in via trasformativa, questa volta, è quella fra me e la tecnologia: da un anno a questa parte, siamo costretti sempre più spesso ad intrattenere relazioni attraverso i mezzi elettronici senza tener conto del fatto che in questo modo intratteniamo, sebbene non ne sia il fine principale, relazioni più durature (anche se, forse, meno significative e certamente meno coscienti di essere tali) con i nostri mezzi tecnologici invece delle persone che vorremmo raggiungere attraverso questi. Per esempio, non avete in mano un telefono ora? Non siete arrivati a questa pagina da un link Facebook, Twitter o Ins

Speranza

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Ho visto dei bambini, sotto casa, correre disperdendo i piccioni. C'è ancora speranza. Claudio

Lettera all'ultima Donna che verrà

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Carissima Donna che verrai , ti scrivo nuovamente, non avendo ad oggi mai ricevuta una tua risposta. Ti scrivo , perché l’illusione di averti trovata mi aveva fatto già diverse volte sempre più speranzoso e le speranze, in questo nostro tempo, hanno la sorte della neve al sole. Ti scrivo , per quell’insistenza che dovrebbe scavare la pietra e piegare persino le volontà più ferree; ti scrivo , per quella musica primaverile che suona questa mia corda in cerca del suo contrappunto. Ti scrivo , all’apice della mia esperienza umana che non trova sponda nel vissuto; ti scrivo , per questo cuore che cerca la sua corrispondenza e fissa nel mondo la tenda dell’attesa . Ti scrivo , mentre impasto il pane e colgo il miele, rendendo fecondo il tempo che ci separa. Ti scrivo , perché gli anni mi nascondono ancora il mistero più grande: quello custodito dal tuo nome. Se nei giorni addietro potevi presentarti come un’ombra nebulosa stagliata contro l’aria brillante e dal tuo profilo scorgevo e sogna