Il colore del grano


Tre anni sono ormai passati dal giorno in cui Itaca ha visto la luce. In questi tre anni, questo spazio, mi ha visto maturare stilisticamente e personalmente.
Sono orgoglioso dei numerosi passi verso la meta che ho potuto compiere grazie a queste pagine. Non ho molte parole per questa occasione, se non la voglia di ricordare. Come i più assidui e più vecchi lettori (i "miei amati cari quattro lettori") ricorderanno, l'esperienza di blogging iniziò per me nel lontano 2008 sulle pagine de "Il grano sussurra". Mi piace ricordare quelle pagine: il loro spessore interiore ma scarsamente stilistico, la capacità che possedevano di alleggerire il mio passo, lenire il mio cuore ed impedire che il mio dolore trovasse isfogo sulle carni altrui.
Sono online da circa sei anni ed ho prodotto, in questi non-luoghi, tanti scritti quanti non ne annovera persino il mio carteggio personale e la somma dei miei appunti. Almeno credo: dovete perdonarmi ma, non avendo le carte stesse a disposizione, non posso giudicarne correttamente la quantità prodotta o meno.
Il colore del grano mi ricorda quelle righe buttate giù senza senso, affastellate a ridosso di righe troppo strette e spazi troppo dolci. Il colore del grano mi ricorda la bellezza di un vissuto in cui non ero ancora schiavo delle lettere, in cui il dáimōn della parola ancora non mi possedeva: giacché, infatti, che io viva ormai per scrivere è acclarato. Una dolce possessione mi sta nel cuore e le parole mi usano.
Il colore del grano, volendo riprendere De Saint-Exupéry ne "Il piccolo Principe", dal capitolo XXI:
Così il piccolo principe addomesticò la volpe.
E quando l'ora della partenza fu vicina:
"Ah!" disse la volpe, "... piangerò".
"La colpa è tua", disse il piccolo principe, "io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi... "
"È vero", disse la volpe.
"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"È certo", disse la volpe.
"Ma allora che ci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
Una qualche presenza che mi sta nel cuore mi ha spinto ad usare queste parole.
Non so bene perché le abbia scelte e non so bene quale sia il mio "colore del grano". Forse è davvero solo un colore, forse è una persona, forse è un evento, qualcosa che aspetto: un giovedì, un venerdì, una parola sicura, una rivelazione, una scelta, una sicurezza, un giocattolo, un figlio, una sposa.
Il colore del grano è l'attesa di una cosa/persona giusta. Giusta per quel momento, non in senso assoluto, non applicato al proprio sentire "col cuore e con la pancia". Tutti aspettiamo il colore del grano: tutti aspettiamo qualcosa per cui abbiamo lottato e che, tanto facilmente e tanto fragilmente, abbiamo rischiato oppure rischiamo di perdere. Il colore del grano è quello che aspettiamo e quello che guadagniamo. Quello che guadagniamo dall'attesa e dall'incontro, o dal ritrovamento. Forse, adesso, sto solo aspettando qualcuno che arrivi e che parli al mio cuore: che gli sussurri parole antiche, già sentite, o nuove. Parole di speranza. Parole, per principiare nuovamente legami dissolti, o nodi troppi duri a questi ostinati miocardi.
Ma basta! Basta scelleratezze! È un compleanno, e che si festeggi, allora, con le danze e lo sfarzo che una simile occasione richiede!
Questo buon compleanno, allora, è dedicato a voi che mi seguite. A voi, che, nell'incostanza delle statistiche, continuate a seguirmi. A voi, che, quando tutti se ne vanno, restate a battermi una mano sulla spalla per darmi consolo.
A voi, miei amati cari quattro lettori, dedico questa pagina di oggi: a voi che siete e sarete, per il tempo del nostro respiro o per la durata di queste pagine.
Cento di questi giorni, Itaca!

Claudio



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