Abito bianco

A Te, che presto lo indosserai;
alla mia piccola Elisa



Faccio fatica a scendere dalla macchina: non capisco perché lui ne abbia affittata una così grande. Francamente, questo tizio, che fino a ieri sembrava essere perlomeno passabile, inizia a non garbarmi più: e non sono geloso.
No, no, non è gelosia, non capisco perché tua madre insista così tanto nel dirlo! Quando fu il giorno delle mie "trentanove parole", ricordo bene di aver preso una carrozza per tua madre. Quanto era eccitata!
Tua nonna mi confessò che il suo sogno, fin da bambina, era proprio quello: scendere da una vera carrozza trainata da purosangue arabi, di colore nero.
Perché neri? Beh, perché l'unica a dover essere in bianco, quel giorno, sarebbe dovuta essere lei (che donna mia moglie!). E così feci. Le presi una carrozza, non mi importava il mezzo, avrei avuta la mia ricompensa: il suo sorriso, più grande di un arcobaleno e più luminoso di un candeliere di Versailles. Ah, quanti ricordi!
Ma anche una limousine è passabile, sì, passabile. Certo, se eccettuiamo la curva stretta per arrivare a casa nostra che l'autista, come di rigore, ha impiegato oltre dieci minuti per fare e la fila di traffico che ha creato dietro di sé; e se non consideriamo il fatto che ci siamo dovuti fermare a fare benzina o che, ancora, quel vigile ci ha fermato per "eccesso di velocità": certo, come se questo affare possa superare le cinque leghe di posta orarie! Bah!
Tu, invece, scendendo non ti scomponi, anche se gli occhi ti brillano ed il trucco, proprio attorno agli occhi, sembra iniziare a mostrare i primi segni di cedimento: altro che water-proof! In quelle lacrime c'è tutta la tua forza, bambina mia, e sarebbero capaci di cancellare qualsiasi trucco resistente: sul viso, come nella vita.
Non dimenticarlo, te l'ho insegnato questo: le tue lacrime sono preziose ed hanno forza e valore perché tu hai forza e valore. Tu dai senso alle tue lacrime.
Piangi, figlia mia, piangi! Oggi, come in futuro...
L'abito non brilla al sole, non ci sono lustrini o brillantini o altro: è un abito semplice, un abito che conosco. L'abito di tua madre...
A quell'abito sono legati tanti ricordi.
Sai, tua madre ed io ci conoscemmo proprio così: parlando di abiti da sposa.
Trovò strano, allora, che un ragazzo ne sapesse e ne volesse parlare: mi conosci bene, non sono mai stato un padre esattamente "dentro le righe"!
Tua madre era radiosa già allora, immaginando quel giorno. Ricordo che le dissi: "Beh, chissà, forse finirà -le davo ancora del lei- all'altare con un tizio appena conosciuto: potrei addirittura essere io!"
Lei mi squadrò e mi disse: "Non porterei mai all'altare un tizio che studia per diventare prete!"
"Nono, ma guardi che non studio per diventare prete!"
"Ma come?! Vesti di nero, mi dai del lei; e non studi per diventar prete?!"
"Decisamente no!"
"Oddio come sono imbarazzata!"
"Figurati! Me lo dicono in tanti, ormai ci sono abituato..."- dissi, continuando a ridere.
"Beh, ma allora perché vesti di nero?"
"Hai presente il problema -le risposi- che ha chi non sa cosa mettere la mattina?"
Annuì
"Ebbene, io non lo ho: vesto sempre di nero!"- Risi ancora, e rise lei pure, sebbene fosse rimasta un attimo scombussolata dalla risposta: ne approfittai, allora, per cambiare discorso.
"Com'era la storia del "portare all'altare"?
"Ah, certo! Beh, sarò io a chiedere al futuro lui di sposarmi..." Come sai, perché più volte te lo ha raccontato, i fatti sono andati un tantino diversamente.
Quando fu il momento di scegliere l'abito, beh, mi chiese se mi sarebbe piaciuto disegnarlo per lei, come le dissi il giorno in cui ci conoscemmo: ed ecco l'abito che indossi.
Lo disegnai come sapevo che sarebbe piaciuto a lei, e come sarebbe certamente piaciuto a me: un corpetto, stretto e semplice, con ricami bianchi floreali in rilievo; lunghe maniche aderenti e ricamate in rilievo con semplici motivi; un décolleté assai casto e sopra il seno, che girava l'abito e lasciava scoperta poca pelle al di sotto del collo; una gonna semplice e morbida, di tessuto non lucido, che si allungava in un breve strascico. Molto medioevale, in effetti: ma a lei piacque.
Era il nostro sogno. Ma i figli hanno sogni diversi, non è forse vero?
Ecco perché, dopo aver scelto proprio quell'abito su insistenza di tua madre, l'hai portato da una sarta per farlo accomodare. Com'eri bella, figlia mia, l'altro giorno, quando lo provavi dalla sarta per vedere se le modifiche ti stavano bene. Non ne avresti avuto bisogno: lo indossi come un guanto, sei davvero identica a tua madre!
Com'eri bella quando, da piccola, lo rubavi dall'armadio di tua madre e lo provavi davanti allo specchio! E com'eri intimidita del fatto che noi potessimo vederti! Chiudevi sempre la porta a chiave ed io, sempre, ero costretto a prendere la chiave di riserva per entrare in camera e tu, allora, ti lasciavi subito cadere nell'abito: sprofondavi lì dentro con quel tuo piccolo sorriso imbarazzato ed io dovevo sempre alzare tutta la gonna dell'abito per farti uscire! Com'eri bella!
Spesso, prima di entrare in camera, stavo lì a guardarti mentre ti rimiravi allo specchio, pensando che non saresti mai cresciuta e che, comunque, quel giorno sarebbe stato assai lontano.
Eccoci oggi, invece, e dire "Mi sembra ieri..." non è banale come potrebbe sembrare: mia figlia! La mia bella figlia! La mia bella figlia si sposa!
Ho capito che, un giorno, avresti preso il volo quando, di ritorno in anticipo dalla vacanza a Parigi (tua madre si sentì male, ricordi?), ti trovai in camera nostra e stavi davanti al medesimo specchio a rimirarti l'abito: non avevi più otto anni.
Quel giorno ti guardai più intensamente e più a lungo del solito, sapendo che quel ricordo mi avrebbe accompagnato per tutta la vita e che avrei dovuto custodirlo fino ad oggi, quando ti avrei vista ancora più bella: come sei bella figlia mia!
Mi pare strano, da oggi, conoscerti come la signora D* Tr****i, mi pare strano figurarti moglie e madre: mi pare strano...
Sono un padre senza più figli: il primo ha sposato il Padreterno e la seconda si sposa con uno che si crede un padreterno! Sono felice, però, che in questo momento, tuo fratello ti stia accanto: sono lieto che ti sia rivolto a lui. Ne è felicissimo, anche se cerca di non darlo a vedere e cerca di contenere l'emozione, anche lui, di celebrare il suo primo matrimonio ed il matrimonio di sua sorella, per giunta!
Così strano questo distacco da voi: come svellersi una parte del cuore, ma per amore. E, se per amore, allora non vi è motivo migliore per farlo: perché è con amore che io vi do a chi, con amore, vi accoglie.
Adesso tu mi stai davanti e mi porgi la mano e mi chiami: -"Papà, papà!" ; perché mi sono incantato un attimo mentre mi lasciavo attraversare da questi pensieri.
Ci dicono di fermarci. Tu mi stringi forte la mano e mi guardi un attimo prima di tornare, respirando lentamente, con lo sguardo alto, in avanti.
Vedi già il tuo futuro, bambina mia?
Ci fanno segno. Iniziamo a salire i dodici gradini che ci separano dal sagrato esterno. Li conosco, li conosco bene i gradini che sto salendo: sono i gradini della mia giovinezza, i gradini di tutta la mia vita perché, per tutta la mia vita, questa gloriosa chiesa è stata la mia seconda casa.
A metà, parte il canto di ingresso: niente canto. Hai scelto il Canone, di Pachelbell, proprio come ti avevo consigliato.
Questa volta sono io a stringerti forte la mano ed a guardarti: tu ti volti un attimo e guardi i miei occhi che brillano lucidi ed orgogliosi.
Non ho mai fatto un lavoro migliore in tutta la mia vita: voi due, i mie figli, siete il mio capolavoro. Certe volte mi stupisco che il Padreterno abbia messo nelle mani di un incapace come me, due oggetti inestimabili come voi. Se ho fatto un buon lavoro, è quasi tutto merito di vostra madre...
Camminiamo dentro, ormai gli sguardi sono tutti per te. La navata è lunga, molto lunga, più di cinquanta metri: posso assicurarti che ricorderai, fino a quando avrai respiro, il numero di passi fatti e racconterai certamente ai tuoi nipoti come questi ti siano sembrati eterni. Immagino il poveretto che ti aspetta all'altare come starà!
Certo, però, tuo zio Mattia è fastidioso: la smetterà mai di fotografare con quella macchinetta?! Gli faccio cenno con gli occhi di togliersi di torno: mi fulmina, come se quello nel bel mezzo della scena fossi io!
Ah, tuo zio! Se non fossimo stati fratelli, lo avrei picchiato tanto tempo fa!
-Papà...
-Dimmi Sabrina
-Papà, sto facendo la cosa giusta?
-Stai facendo la cosa giusta per te- le rispondo dopo un lungo secondo
-Grazie papà
-Ringraziami dopo aver visto il conto del ristorante! -dico ironicamente
Scoppia in una risatina divertita e nervosa: com'è bella mia figlia quando ride!
Siamo arrivati, il Canone suona ancora. Lui guarda lei, estasiato, e guarda poi me. Assento col capo.
Allunga una mano per prendere quella di mia figlia. Lei gli porge la destra e lascia il mio braccio, che afferra però nuovamente con la sinistra.
La guardo: "Ti voglio bene", le leggo sulle labbra. La guardo ancora, con ammirazione, quasi incredulo: poi me la stringo al petto, le prendo la testa fra le mani, e la bacio sulla fronte.
-Sii felice, figlia mia! Ti voglio bene anch'io!
Il Canone è finito e mio figlio inizia: "Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo..."
Amen

Claudio



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