Ottobre


Certe considerazioni le si attenderebbero piuttosto a ridosso di date o scadenze significative e, per certi aspetti, forse è così. Considero l'autunno sempre una stagione felice (la più felice dell'anno, per me) ed un preludio a tutte quelle che verranno: come se il mio personalissimo Capodanno si situasse in questo particolare momento del fluire della vita nella vita del mondo, e non credo sia un caso che anche oggi sia perciò una festa mariana ed una di quelle a cui sono assai più legato, per giunta!
Vengono, insieme a questa stagione, tutta una serie di riflessioni: non sull'anno che si avvia alla fine ma sull'esistere e sul come stare al mondo e che cosa questa apparentemente semplice cosa comporti. Che esistere non possa bastare all'uomo innamorato, ed innamorato della vita, è cosa lapalissiana ed assodata da anni: solo l'uomo che esperimenta l'amore trasforma l'esistere in più che semplice respirare.
Alla soglia dei trent'anni, tutto proteso ed in corsa verso questo inevitabile traguardo, una retrospettiva sulla mia vita lunga quanto quest'ultimo pezzo di strada, mi par quasi inevitabile: non può non apprezzarsi l'animo che si piega su se stesso e si raccoglie e si riflette, prima del grande slancio.
Una solitudine errabonda, allora vi confesso, mi attanaglia in questi miei personali "giorni della Merla" che la buona Monica per prima individuò e che ebbe poi così per prima a chiamare: è l'inquietudine dell'animo che raccoglie e dalla mente e dal corpo ogni loro preoccupazione ed in sè le vede sfumare, in un grigiore che racconta assai più su chi accoglie questi malanni che donde vengano e chi li susciti. Ridurre tutto in nuce, ricondurre financo questi accidenti ad un nucleo di senso, mi permette di guardare al loro cuore e, aldilà della loro apparente unitarietà, scorgerne le subatomiche divisioni e spaccare per genealogizzazione la solidità di certezze non progressive e non utili. Granitiche meno che mai.
Ho quasi trent'anni, e realizzo ora di una vita che ha intrapreso infiniti e diversi percorsi da quelli che le avevo disegnato e di come poi ognuno di questi si sia intersecato e mi abbia portato alla scoperta più grande di tutte, l'insegnamento tanto necessario quanto icasticamente evangelico: ve lo svelo alla fine.
Mi piace però, ecco, che sia questo mese ad accogliere questa riflessione così confessata: perché Ottobre, miei amati quattro, è la dolcezza che ogni anno attende per potersi poi dire realmente realizzato. Ottobre è il tepore del tempo, il caldo buono che sa di marroni e vino speziato, il piumino adagiatoci sulle spalle mentre si dormiva sul divano. Il migliore dei mesi, è fuor di dubbio, anche per un figlio diletto della Primavera quale io sono. O, forse...
...forse sto solo invecchiando e trovo nei periodi nostalgici più senso che in quelli attivamente costruttivi: questo, almeno, paiono indicare i numerosi e diversi elogi della Primavera che sono su queste stesse pagine presenti.
Eppure questi primi giorni, che in passato corrisposero ad un grande lutto prima ed alla dipartita di Zippora dal mio cuore poi, sono pregni di significati che sfuggono persino a me: uno, almeno, certamente mi sfugge e non me ne dò pace, specie considerando che appena un paio di anni fa mi venne fortuitamente alla mente e stavo per buttarlo su queste stesse pagine, salvo poi dimenticare di cosa si trattasse. Uno dei misteri più grandi a me stesso.
Mi aiuta, però. Mi aiuta sapere che è una tristezza totalmente umana quella che provo, che trova sponda nelle relazioni significative vissute ed in queste affonda le radici: val forse qualcosa essere infelici per una ragione che non dipenda da un altro essere che ci sia di aiuto, che ci corrisponda?
È una tristezza questa, che osserva la mia vita nella sua interezza e mi chiede conto di quella relazionalità che trova nell'alterità la propria autentica vocazione. Mi interroga, con insistenza, sul progetto vocazionale che intendo realizzare e sul perché io continui ad indugiare o smarrirmi. Non so dirgli che la ragione basilare di tanta esitazione è l'incapacità di saper interpretare non già dove l'ago della bussola punti ma quale Nord sia indicato sulla mappa muta che ormai consulto da un po'. Perché l'orizzonte di arrivo può essere chiaro ma non è detto che lo sia il percorso fin lì fatto, lo stesso che ha aiutato a tracciare le incerte linee che hanno disegnata una mappa buona solo se ci si immagina come un senza meta. La saggezza vuole allora che ci si sdrai a terra e si attenda la notte, quando il firmamento trapunto di perle saprà poi indicarci direzione ed orientamento: ma bisogna attendere che sia notte alta, fonda, piena. Bisogna attendere che gli affanni ci travolgano, gli accidenti ci subissino, le avversità ci provino come oro sul crogiuolo e rimanere (stare) ancora lì, forti contro la sventura, ad aspettare che il Cielo prenda a brillare. È facile? Affatto.
La tristezza è, dunque, il sentimento dell'attesa, di quell'attesa apparentemente infruttuosa che ci pone verso il mondo come semplici osservatori, spesso delle fortune altrui. Come non citare, in questo caso, il mio caro Alessio (che su queste pagine è già stato l'Anonimo Falisco) che ha realizzato la sua vita trovando il proprio scopo profondo non in un semplice lavoro ma nel lavoro vissuto come relazione e servizio all'altro. È quello l’aiuto che gli corrisponde? Non lo so.
Ma dalla felicità che leggo nei suoi occhi, deve quantomeno essere la cosa che ci va più vicina in assoluto: e lo conosco, difatti, come il più felice fra i miei cari amici. Risponde tutto questo all'implicita domanda che mi ponevo inizialmente? Ancora una volta, non lo so.
Come della felicità del mio amico so effettivamente assai meno della mia. Perché?
Perché nulla di tutto questo è realmente importante, nulla di tutto questo può sollevarmi questo mesto velo dal cuore, nulla di tutto ciò è in grado di trovare un senso ai giorni se il senso si dimentica di cercarlo nei giorni stessi, di rintracciare quell'unica presenza che li rende degni di essere contati. Alla fine, la soluzione rimane sempre la stessa e l'unico insegnamento che da tutto ciò posso condividere con voi è, in tutta la sua semplicità, questo: "Nulla è importante, se non la vita".
Chissà che non diventi un romanziere...

Vostro, Claudio




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