Minuetto per una tessitrice


"Non ricordavo che un sorriso potesse essere così dolce e un'assenza così amara" - dico, sfiorando la ceramica rossa del pavimento- "mi manchi: mi pare di annegare nell'aria che c'è fra me e te"
"Dove sei?"
"Seduto sul pavimento del mio ingresso, è tutto buio. Ha un senso per te?"
"Se la tristezza ha un senso, allora sì"
"Sei triste?"
"Non sei qui" aggiungi, con la voce rotta da una commozione fatta di brevi e minime.
Perché gli affetti alle loro prime battute si nutrono, quasi si beano, della necessità dell'altro e la rendono una virtù che neppure le scienze morali sanno spiegarsi ed a cui qualcuno dà nome, non bastevolmente, "reciprocità".
"Mi manchi, Monica" dico ancora, appassionatamente e con più enfasi.
"Non mi chiamo Monica, Claudio" mi ridici affabile e delicata
"No, è vero. Ti chiami così solo qui, nel ricordo che ho di alcuni nostri momenti e che frequento di tanto in tanto"
"Ma non c'è niente di vero..."
"C'è la tua voce, che mi si rivolge allo stesso modo"
"Di cosa parlavamo in questo ricordo?"
"Della tua canzone preferita, della tua riluttanza a parlarmi dei tuoi gusti musicali, della tua cantante"
"Cercavi di vincermi, non è una cosa che ci ha fatto troppo bene"
"Non volevo vincerti, solo conoscerti. Cercavo di conoscerti, è diverso"
"E te la ricordi?"
"La canzone, dici?"
Annuisci, lo sento
"Minuetto, Mia Martini"
"Sì, è vero"
"Hai visto? Non sono mai stato così disattento"
"Non è per quello che è finita"
"No, è vero"
"Non credo ti faccia bene pensarmi ancora così..."
"Così come? Con questa amorevolezza?"
"Con questa nostalgia. Io non vivo che nel tuo cuore, non sono più. E se da questa parte del telefono parlo, lo faccio per te soltanto."
Taccio
"A nessuno può bastare" riprende
"A me, ancora solo per un po'. Lasciami così."
"Se anche non ti avessi voluto bene, non te lo permetterei ugualmente: non puoi continuare a star seduto in quell'ingresso buio, non sono lì"
"Ma la tua bocca è muta, perché è mio il copione che ora leggi"
"Per essere viva, non ho bisogno che di quel germe che ho piantato nel tuo petto e, pur con tutta la tua volontà, non strapperai all'affetto tuo il mio già dato. Questo sarà sempre per te ma non potrà che eternamente restare così."
Segue un lungo silenzio, pieno di sforzi e fatiche, che rompo.
"Mi è dispiaciuto"
"Cosa?"
"Averti trattata in quel modo quando me ne parlasti"
"Vuoi continuare a parlare col tuo ricordo allora?" dice calma ma sorpresa.
"Anche solo la tua ombra è dolce, che il futuro mi aspetti ancora: non voglio, non sono pronto"
"Allora sì, avresti dovuto trattarmi meglio"
"Monica?"
"Sì?"
"Mi manchi"
"Anche tu Chandler, anche tu".

Claudio



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