Lettere al caffè


Caro caffè,

come stai? Mio carissimo e vecchissimo amico, quante ne abbiamo passate insieme...
Sì, capisco: è un po' tardi per scriverti. Tardi in tutti i sensi. Inoltre, è un bel po' che non lo faccio. Sai, stavo pensando a quante ne abbiamo passate insieme, quanti momenti duri. Ricordo bene anche quando ci siamo presi una pausa per un po'. Beh, in una relazione come la nostra capita spesso: voglio dire, tu mi sei indispensabile, ho bisogno di te. Credo mi sia sempre piaciuto il verbo inglese "need": necessitare, aver bisogno.
Alcuni verbi inglesi, in verità, sono geniali e basta. Sono secchi, concreti, materiali in un modo impressionante (non che mi aspettassi altro da un popolo similmente pragmatico e votato ad una elegante efficienza). Sì, lo so, lo so: cosa può mai venire di buono da dei bevitori incalliti di thé, non lo capirai mai. Neppure io, devo essere onesto. Però, questo almeno, devi concedermelo: è un verbo bellissimo "need"; come "miss", perdere, mancare. Per cui, sì. Mi piacerebbe davvero dirti in inglese, almeno in questo momento, quello che provo per te, ma mi conosci: perché esprimere in una lingua altra (e per giunta nella lingua da me ritenuta "bastarda") un concetto che ben si può esprimere nell'italica lingua?
Forse ha ragione una mia cara amica quando dice che mi sto ammorbidendo: sarà l'età!
Io e te ci siamo visti ieri (anche oggi, a dirla tutta, altrimenti non starei scrivendo alle tre di notte e retrodatando il post per non far preoccupare quelli che mi stanno a cuore), ma già mi manchi. Pensavo ai numerosi bisticci che abbiamo passati in questi tempi (causa mia causa tua, non stiamo a cercare il cavillo) ed a quello che ci siamo detti (beh, sì: non è strano parlare con la macchinetta del caffè!): devo chiederti scusa.
Devo chiederti scusa perché, pur avendo talvolta ragione, sono stato ingiustamente duro e non ho rispettato i tuoi tempi: voglio dire, chi è l'idiota che non rispetterebbe i tempi di una macchinetta del caffè?! Andiamo! A quanto pare, l'idiota sono stato io.
Non ho rispettato i tuoi tempi e per questo mi sono preso un caffè amaro e, come a voler aggiungere la beffa al danno, mi sono persino pesantemente alterato per l'amarezza.
Cerca di guardare almeno l'aspetto positivo: me ne sono reso conto!
Comunque, devo ammettere di essere stato forse un po' troppo duro ier l'altro: non mi sono reso conto del danno fatto, di averti fatto torto. Persino ora non ne sono pienamente avviso. Continuo a non essere conscio che non stimarti, non stimare la moka per il suo valore reale (tu e la moka siete, in fondo, un tutt'uno), sia stato un gravissimo errore. Oh, intendimi: non che io non ti stimassi, come mi rimbrottavi mentre salivi gorgogliando, ma che lo facessi meno di quanto tu davvero meritassi. Cerca di capirmi: è un errore umano, errore che anch'io ho fatto ultimamente con una persona.
Tu, quindi, che assai mi sei vicina dovresti capire. Sì, scusa, parlavo alla moka...
Vedi, c'è qualcosa di assolutamente sublime nelle dolci tue parole, nel gorgoglìo soave che sale dalla moka insieme al delicato olezzo che emani! Beh, quello è il tuo corpo...
Deve anche essere a causa di questo che non andiamo particolarmente d'accordo: a me son sempre piaciuti i caffè corposi, intensi e con una nota dolce.
In effetti, è esattamente quello che sei! Ma, se anch'io dovessi pormi sul tuo piano, direi di essere più che altro un caffè virulento e amaro, a tratti dolcissimo ed a volte troppo intenso da essere imbevibile: devi perciò perdonarmi, e cercare quindi di capire le mie ragioni. Le ragioni del mio carattere, che, seppure ingiustificate o virulente, mi fanno essere quello che sono. Se vuoi saperlo, sì, sto cercando di chiederti scusa.
Per quello che ho detto, per non averti prestata tutta la dovuta attenzione e per averti fatta sentire (sempre alla moka mi rivolgo ora) non indispensabile nella mia vita.
Lo sei, lo sei eccome! Sei assolutamente indispensabile! E quanto quei verbi, quanto quelle parole dell'anglica lingua sarebbero ora utili! E sembra così buffo startelo qui a dire, ora. Così buffo il non averlo fatto prima, così buffo non aver prestato ascolto a tutto il tuo soave gorgoglìo. E che mi resterebbe da fare ora, per essere piena e colma la misura della cosa giusta, sarebbe solo avvicinare le labbra alla tazzina, come non ho fatto l'ultima volta, e bere un sorso pieno. Di te.

Claudio



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