Giusti Elogi


Alla cara amica Zippora,
per l’affetto e l’obbligata devozione che le porto.


Miei amati, ritorno a voi dopo qualche giorno dall’ultimo post e dagli auguri pasquali. Per chi di voi mi segue da “il grano sussurra”, avrà riconosciuto in questo titolo un omonimo di un precedente già presente nel vecchio blog. Ebbene, come per quel blog, anche qui questo post è dedicato ad una cara amica: diverse le circostanze ma simili le parole.
Perché questo elogio? Come suggerisce lo stesso titolo, per giustizia.
Perché sia adempiuta ogni giustizia. Un elogio è giusto quando meritato e non sono certo io a dire che questo mio lo sia: come recita il libro dei Proverbi, infatti: “Datele del frutto delle sue mani /e le sue stesse opere la lodino alle porte della città” (Pr 31, 31)
Ebbene, le sue opere, le sue azioni parlano per lei. E l’azione di grazia che questa donna gentile ha mosso verso me, la rende oggetto di questa umile e bassa lode. Umile e bassa, perché le mie parole sono imperfette e manchevoli e certo non possono rendere ogni suo pregio, e perché una “lauda” più alta e più nobile è serbata alla sola Elisa.
Inoltre, essendomi cara e portandole affetto, questa donna gentile gode dello straordinario privilegio concesso a pochi: l’illeggibilità.
L’incapacità, da parte mia, di guardare una persona negli occhi e riuscire ad inquadrarla con esattezza. Cosa che, invece, mi riesce sempre o quasi.
Se è vero che la mia Elisa, come la donna del mio Maestro, è la sola a possedere il “saluto che dà salute”, è altresì vero che il saluto di questa cara amica mi dona salute mentale e le sue parole preziose ed i consigli spiritualmente medicativi, dispensati di quando in quando, mi consolano dalle sofferenze. Vitale, potrebbe essere detta la funzione che oramai svolge in questa esistenza avvilita. E la chiamo amica con buona ragione:
ho con lei riso, ho con lei pianto, ho con lei spezzato il pane.
Non è il tempo che sancisce un’amicizia, ma la qualità della relazione.
E nella triade di gesti che vi ho appena esposto si consuma l’intimità del patto più antico e sacro del mondo.
A questa donna gentile dunque, entrata nel novero di coloro che a buon diritto chiamo amici, va il mio sincero ringraziamento per ogni mano che in questo breve percorso m’ha teso, per ogni parola che s’aggiunge alla fiumana di parole da cui ogni giorno sono circondato ma che le rende un poco più limpide e leggere, per ogni sguardo compassionevole che m’affranca dalla solitudine di questa condizione ricordandomi che, nonostante tutto, “nessun uomo è un’isola”.
A questa donna che, appena leggerà, certamente non si riconoscerà in nessuno dei tratti che ho qui delineato e facendo atto d’umiltà dichiarerà di non meritare tanto e che i suoi gesti sono lo spontaneo sentire e agire di chi si dice amico, a costei dedico questo elogio.

Claudio

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