Come qahwa

all'ultima Donna della Costanza
Se tu fossi un caffè, esalterei le tue rotondità, voluttuose al palato, il mio; suggendo l'anima tua densa, e corposa, a rubarla al respiro dolce cui appartiene: quasi potessi giungere col fiato fermo e corto alle tue labbra, temendone un bacio ma già respirandolo nel soffio che lo prepara.
Se tu fossi un caffè, soltanto la luce parlerebbe i tuoi riflessi dorati ed il tuo colore bruno e scuro, soltanto la luce testimonierebbe la tua casta nudità e la fecondità dei nostri amplessi aperti e inverecondi: di quella conoscenza orizzontale che racconta e prati e monti e colli di diletto.
Se tu fossi un caffè (Iddio me ne è testimonio), ti lascerei bruciare ogni grano, come incenso che salga a dar profumo all'aria che ti adorna ed incorona; come Kaldi siederei a cantarti, tanta è l'intensità del mio affetto e tanto incestuosamente filiale è la mia dedizione: perché mi incateni a te con l'ebbrezza del preferito tra i miei vini drogati.
Bentornata Primavera!

Claudio

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