Lettera aperta all'Azione Cattolica


Cara vecchia Azione Cattolica,

eh sì, vecchia. Vecchia non solo per i tuoi centocinquant'anni (che son portati più che rispettosamente) ma vecchia nel tuo comprendere ed afferrare i meccanismi di questo nostro mondo che recepisci sempre troppo in ritardo. Oggi, anche tu hai ceduto a Facebook, Instagram e Twitter; hai blog, siti e diramazioni diocesane sempre piene di iniziative e convegni da proporre. Hai la grinta delle canzoncine da proporre ogni anno per l'A.C.R. ed in Piazza San Pietro per i raduni nazionali, hai i colori sgargianti delle tue guide che invitano i giovani ed i meno giovani a guardare questo nostro tempo per osservarne e carpirne i segni dei tempi, hai le braccia aperte dei tuoi numerosi progetti diocesani di accoglienza universitaria e le mani operose di chi si impegna contro il gioco d'azzardo, hai il gusto dell'approfondimento della Parola grazie ai tuoi assistenti e l'odore dei libri scritti e letti dai tuoi tanti soci, sempre così importanti e sempre così in vista. Però, cara AC, non sei più la Sua AC. Non ti riconosco più. Nel perderti dietro il dibattito per la salvezza di questo mondo, hai completamente dimenticato quale ne sia il tuo posto. Hai dimenticato di guardarti indietro, di guardare ai tuoi figli, alle tue origini. Hai dimenticato di chi sei l'esercito, a quale altare intendevi accorrere, a chi prestare aiuto: hai reso i tuoi inni canzoni per nostalgici che vi indulgono di tanto in tanto, salvo poi tornare a difendere opinioni contro il Magistero sempiterno della Chiesa. Il tuo motto è: Preghiera, Azione, Sacrificio. In tanti anni non ti ho però mai vista insegnare a pregare; al contrario, durante le riunioni si parla tanto e si conclude sempre ben poco, per rimandare alla vita del singolo la declinazione di quella responsabilità ecclesiale e sociale che tanto difendi e proponi. Sei incapace di un qualunque sacrificio (figurarsi di quello della propria vita!) e, se non dal Cristo nostro Signore, non sai imparare neppure dalla vita dei tuoi che, volgendo il mondo al bene, a questo hanno saputo dare tutto. Hai perso il coraggio della grandezza: non di quella autoreferenziale ed egoistica, ma di quella bella e tutta verticale che faceva di te una scala verso il Cielo. Hai smesso di essere nella vita una scuola di santità per diventare una scuola di formazione perenne per educatori: ma a che serve un educatore se non mi sa indicare Cristo? A che serve un educatore se non sa farsi come il Battista? A che serve un educatore che non mi sa dare una legnata sul capo se sgarro nella mia vita di fede ed invece di essere quel maestro duro che indica il Vero Maestro, diventa uno psicologo senza paga che continua a ripetermi che Dio mi accetta anche così, senza dirmi però che la conversione del cuore è un atto necessario per l'incontro con Lui? A che servono gli incontri di pastorale se per capire la liturgia devo cercarmi le cose da solo e farmi aiutare poi dopo dal mio direttore spirituale a trovare la quadratura del cerchio? Beninteso, quando ricordi ai tuoi che la figura del direttore spirituale esiste e sarebbe auspicabile averne uno. A che servono gli incontri sulla Parola in cui si spendono fin troppe parole, se poi non mi insegni a pregare ed a farlo nel modo giusto? A quando una scuola di preghiera invece che una di giornalismo o di politica? Hai mandato anche tu i tuoi delegati al Sinodo sui Giovani: eppure, nel silenzio di tutti ci sono altri giovani. C'è un'altra chiesa che non fa rumore se non quello delle sue orazioni e sono i giovani dei nuovi moti "tradizionalisti", che cominciano sempre più ad affollare le chiese. Dapprima timidi ed ora rinvigoriti dalla forza del numero che il Signore aggiunge ogni giorno. Eppure tu non ne fai menzione, oppure volutamente li ignori, e ti getti a capofitto nella folle corsa di questo mondo salvo poi distribuire i libriccini di preghiere (preghiere? sic!) per l'Avvento o per la Quaresima che a volte si intitolano, poco felicemente, "Tempo per te". Inviti i tuoi alla riflessione ed alla formazione ma i più non conoscono il significato dell'Eucarestia e la vivono quasi da protestanti: a cosa mi occorre sapere come umanizzare il divino se non lo conosco affatto? A cosa mi occorrono i cinquecento corsi, la formazione obbligatoria per gli educatori, se non conosco la mia stessa storia (che è la tua, la nostra) o quella di nostra Madre la Chiesa e di nostro Padre il Buon Dio? Come posso amare ciò che non conosco e che tu hai smesso di indicare?
Cara AC, sono uno dei tuoi figli, uno dei tuoi giovani. Uno dei tanti invisibili sopra cui passi e di cui non ti curi affatto nel tuo tentativo, tutto umano, di presentarti al mondo per poi portare il mondo a Lui. Beh, ti dirò: diventi forse ogni anno più vecchia ed i tuoi occhi offuscati non ti permettono di vedere che, a quanto pare, non è proprio Lui che indichi più e che, con grande rammarico, abbiamo smesso di essere la pupilla del Suo occhio.

Un tuo giovane, Claudio

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