Lettera alla Donna che verrà, ancora


Carissima Donna che verrai,

ti scrivo ancora a distanza di anni. Nella penombra avvilente di un crepuscolo estivo,
fatto neppure di luce ma di ombre di luce.

Ti scrivo, ancora, oggi più che mai, più forte che mai prima d'ora; a trafiggermi la carne, a legare le parole con lacci che le avviluppino al cuore, che sappiano essere quel sangue nero e denso trascinato all'estremità dei mezzi per i quali esistiamo e ritornino, a ristorarsi, ai polmoni attraverso i quali semplicemente respiriamo. Ed io, carissima Donna che verrai, respiro l'aria satura delle tue attese, di ogni tua nuova attesa.
Oggi, più che mai, non saprei neppure più dire se la tua figura si delinei sfocata ma presente
al mio orizzonte.
Oggi, più che mai, non so dire se tu sei la Donna che verrai, o quella Che è Stata e, pure, se nel tuo essere stata sarai la Donna del Ritorno.

Perché tu sei la Donna che era, la Donna che verrà e forse mai la Donna che è.
Eppure, già tre volte lo sei stata, già tre volte dopo averti lungamente pregato ti sei avvicinata a me, dapprima in sogni di prati ed albe lontane, sogni in cui mi tenevi per mano; di poi, col tuo proprio esistere, con quelle parole ardenti e silenziose che muovevano le labbra sole.

Ora, però, ho il non troppo nascosto ma intimo timore che questo sia il mio ultimo numero, che questo sia il tuo ultimo numero. Il timore, il terrore quasi, che nessun nome ti incarnerà più, che nessun volto sarà più il tuo: il timore; che il grano o l'ebano per me non acquisteranno più alcun senso, che i colli rimarranno semplici espressioni geografiche, la luce solo un mezzo per illuminare un'esistenza per sempre solamente assetata di chi la baci risvegliandola.
Tre, che numero bislacco! Che peculiare concetto al quale affidiamo la perfezione dei nostri intenti e delle nostre imprese! Tre!
Forse ho già terminato, forse dovrei ritirarmi: non è così che fanno i vedovi inconsolabili? Anch'io, non sono forse un vedovo dell'amore? Non mi ha Amore abbandonato già più e più volte? Se dunque questo è il numero perfetto, non dovrei forse esser contento di avere già e per ben tre volte realmente amato? Non dovrei farmi bastare quanto ho fin qui avuto ed accontentarmi a vivere quanto mi resta in una solitudine che un tempo è stata colmata e vivificata davvero da quell'amore che sa generare più di quanto si abbia da dare?
Sì, forse dovrei mia Amatissima. Forse dovrei.
Forse. Ma non so crederti impossibile. Perché l'angoscia che oggi mi opprime, la paura, diverrebbero terrore e sgomento. Credo ancora in te, mia Donna della Speranza. Credo ancora in te perché forse, quando giungerai, non sarai la Donna che verrà ma solo la Donna che resterà e, restando, diverrai la Donna che è. Che è ogni mia delizia.
Perciò, anche se ho ancora il cuore ostinatamente occupato dal volto che ti ha preceduto, vieni, affrettati! Affrettati, dolcissima consolatrice, affinché io non compia errori che mi stringano il cuore nei vincoli letterali del dovere.
Torna da me, Donna che sei già stata, ed insieme saremo nuovamente. Chi, non so.



Tuo, con incommensurabile affetto, Claudio


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