Capita, ancora


E capita che la storia finisca troppo presto o che non finisca affatto. La differenza?
Nessuna, davvero.
Una storia che finisca troppo presto oppure una che non finisca affatto hanno, anzi, in comune una cosa: ambedue i casi possono verificarsi per una sola delle due persone coinvolte.
Non lo si prevede, non lo si vorrebbe, non lo si spera.
Uno dei pochi, pochissimi casi, in cui non sperare qualcosa pare improvvisamente diventare una fonte di gioia inaspettata.

Mentre i lacci che ti avviluppano si tendono a toccare amendue le corde, la cui sinfonia sussiste solo nel passato, sembra che l'unica musica udibile sia l'eco lontana che risuonava nel mentre del vostro pas de deux intanto che il presente realizza un'entrata nella cui coreografia, chiaramente, non vi toccherete mai. Mai, mai a rivedere quello sguardo nel quale si poteva riposare ed a cui nulla si doveva dimostrare se non lo zelo idolatrico a cui Amore sempre chiama.
E quei lacci che tengono le corde, ti vincolano ad un passato che trova nel presente un modo per prolungare l'agonia come un filo che, tendendo all'infinito per i due capi opposti, si assottigli progressivamente e disegni una rottura ineluttabile: quella fra il cuore e la sua devozione.
Una frattura che rilancia indietro i suoi effetti mortiferi e, come una freccia scoccata,
trova in ciò che fu il dardo che trapassa l'oggi.

Ciò che però, di tutto questo, si avverte davvero è solo la sensazione che intimamente qualcosa si è infranto: un rumore tanto piccolo che quasi ci si stupisce non sia invece stato un assordante fragore, perché quello è ciò che squassa l'animo.
Capita di innamorarsi anche delle proprie amiche: bel guaio.
Quando la storia finisce, il sipario si chiude sul suo epilogo e di quella musica che attraversava l'aria non vi è che il riverbero strozzato e roco delle ultime note innamorate, si rimane soli sul proscenio che affaccia sulla sala vuota. Nessuno rientra in scena per l'inchino, come a fingere che si sia trattato di un errore o di mera finzione; le luci rimangono accese sul nulla e l'unica persona che si sarebbe voluta in sala (anche da spettatrice) è proprio quella che un attimo prima ha lasciato il palco senza molta grazia. Non ci si dovrebbe innamorare delle proprie amiche, mai.
Quando lo si comprende, è un errore che si dovrebbe insegnare.

Ci si innamora. Capita.
Capita anche di doverla dimenticare. Perché, a quel punto, non si può fare altro che lasciare la scena in buon ordine e ritirarsi come l'attore consumato che si è. Non ci saranno altre danze, non altri dialoghi, se non il perenne monologo dell'animo che accusa costantemente davanti ad Iddio ogni proprio errore e lo ripercorre forsennatamente: le parole giuste hanno strane tempistiche, vengono alla bocca solo dopo aver detto quelle sbagliate.
Tuttavia, in quanti sono rimasti su quel palco! Ad aspettare, che? Quanto tempo, passato cercando di convincersi che rimanendo immobili esattamente in quel punto (come i mimi che tanto si ammiravano da bambini) forse lei sarebbe tornata e lo spettacolo sarebbe ripreso! Quanto tempo?

Il tempo è un concetto altamente astratto per due entità: Dio e gli innamorati.
Più che chiunque altro, sembrano passarvi attraverso, indenni.
Ma quando lo si attraversa da soli, nessuno sa dire quanto grande sarà la ferita lasciata e quanto occorrerà perché si rimargini completamente e, frattanto, si riaprirà e brucerà più e più volte ancora. E l'orizzonte degli eventi varierà la percezione della realtà, di come tutto si muova attorno: più rapido, più caotico ed apparentemente indeterminato, ma sempre guidato da una distinta Volontà.

Quando, una volta usciti dalla sala in pieno accordo con la vita che pare ricominciare a scorrere, ci si accorge che tutto intorno è cambiato, si ricomincia a sperare.
Sperare di non incontrarla, sperare di non arrivarle tanto vicino da poterle guardare negli occhi, perché si è compreso a quel punto di amare ormai una sagoma vuota: amare cioè solo l'aspetto della persona che era, perché lei non c'è più.

Com'è difficile però non amarti, sapendo che lei è appena dietro il velo dei tuoi occhi!
Ci si innamora. Capita. Forse dovrei andare avanti.

Claudio

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