Immortalità


Immortali e forti e nella nostra forza, che non ci appartiene davvero, l'eternità. Quando siamo immortali?
Miei amati cari quattro lettori, ritorno a voi dopo quasi un mese (e di questa assenza vi chiedo infinitamente perdono) con questa domanda.
Quando siamo immortali? Vi confesso di aver capito che non esiste una sola risposta ma molteplici e fra queste numerose oggi ne darò almeno una.
Il concetto è ampliabile ma oggi vorrei attenermi al senso più stretto possibile della parola che sto per indicarvi come soluzione.
"Generatività": la capacità di poter generare.
Certo, la mente umana può generare ogni genere di cosa ma mi sto riferendo a ciò che non è la mente a generare bensì è il frutto dei lombi danzanti.
Esatto, la propria progenie. Questa potrebbe essere almeno una prima risposta. Perché? Perché questa come prima risposta?
Ebbene, nonostante i numerosi antecedenti vorrei iniziare col prendere in esame uno dei testi più antichi della Letteratura, la Bibbia, ed il libro della Genesi in particolar modo. Quando Dio, dopo aver creato ogni genere di essere vivente, li presentò all'uomo perché desse loro un nome (e in conseguenza di ciò li possedesse) e ne riconoscesse uno simile a sè, accorgendosi che l'uomo non ne riconosceva nessuno come simile lo fece cadere in un profondo torpore ed estraendo da lui una costola plasmò la donna.
"Allora l'uomo disse:/ Questa volta essa/ è carne dalla mia carne/ e osso dalle mie ossa./ La si chiamerà donna/ perché dall'uomo è stata tolta." (Gen. 2, 23)
Già nel racconto della Genesi, dunque, il riconoscimento di un essere come simile a sè è frutto, in un certo senso, di una progenie, cioè di un moltiplicarsi, una fecondità resa possibile, in questo testo, da Dio.
Dunque questa generatività che passa "dalla propria carne e dalle proprie ossa" e quindi dalla riproduttività diviene tale nel momento in cui si prende coscienza che nel nuovo nato, nel nuovo essere venuto alla vita, viviamo anche noi. Viviamo e vivremo in lui, in una presenza che è viva perché è inizialmente pura biologia ma che diventerà poi, con l'educazione, con l'affetto, con l'amore, con la fiducia, col tempo, presenza viva dei nostri ricordi, delle nostre tradizioni, dei nostri affetti e memoria, archivio carnale, di coloro che non ci sono più.
A questo punto è chiaro il passaggio che porta dalla mera riproduttività alla generatività e da quest'ultima sino all'immortalità. Il nostro sangue e le nostre alte memorie continueranno a vivere in un essere che, nuovo, le porterà con sè rinnovate e rinnovandole. Su un ultimo punto vorrei soffermarmi però, punto che mi sta a cuore viste le mie idee che ben conoscete. Ora, vedete, quell'essere generato è in ogni sua parte unico.
La sua unicità, aldilà dell'affermazione di esistenza e umanità (tesi che pure sostengo), sta nel fatto che quella combinazione genetica e solo quella precisa combinazione genetica è in grado di formare un essere unico nel suo genere perché quella precisa combinazione, come un calcolo perfettamente predisposto nel Creato, è destinata a non ripetersi mai più. A chi dunque sostiene che un figlio valga l'altro e che un figlio nato è comunque un figlio e non è paragonabile ad un "feto" (concedo la parola a chi credesse in queste eresie) abortito in precedenza, io oppongo non solo la tesi dell'umanità e del diritto alla nascita di ogni essere umano che è tale fin dal concepimento ma anche il dato biologico, fattuale, e non alterabile che l'unicità davvero esiste e che la genetica, la biologia e la matematica (col suo calcolo probabilistico) lo dimostrano inesorabilmente.

Claudio

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