Scontatezza: una promessa


Siena, lì 12 dicembre 2013

Non ti darò mai per scontata. Non ti darò mai per scontata: non mi abituerò mai a te, alla tua bellezza, alla tua grazia, alla tua forza interiore, al tuo essere donna e
"donna de la vita mia". Non mi abituerò mai a te, te lo prometto.
Lo prometto ora, adesso, prima ancora di conoscerti perché, quando verrà il giorno in cui ti incontrerò, non dovrò accorgermi gradualmente di doverti dedicare più tempo e più attenzioni: in questo modo, lo so sin da ora.
Sin da ora so di non dovermi, e non volermi, abituare a te.
Abituarsi ad una persona è una morte lenta, che ti colpisce a poco a poco: col tempo, nulla di quello che fa riesce più a stupirti. E su questo, forse, ho torto perché col tempo tu smetterai di stupirmi: inizierai a meravigliarmi.
Non vorrò mai abituarmi a te e prometterlo adesso è il mio promemoria per il futuro, per il giorno in cui ti avrò davanti. Io ti vivrò.
Ti vivrò ogni giorno: nella mia quotidianeità, nella tua straordinarietà, nella nostra tremenda complicatezza, nello stupore degli occhi dei nostri figli...
Vivrò la meraviglia di averti accanto a me, del tuo saper illuminare le giornate che saranno buie, del tuo gioire per un successo personale o star male per un fallimento. In quel momento, comunque, sarai ancora più bella perché ritenterai con più forza. Cercherò di non abituarmi mai anche alla tua determinazione, perché sarà con quella che riuscirai a mettere i nostri figli sotto la doccia mentre io farò finta di aiutarli a nascondersi sotto la scrivania dello studio di casa, casa nostra.

La casa che tu avrai arredato (tranne lo studio, perché solo in quella stanza regnerà il mio tipico cattivo gusto per i colori) e sulla quale io avrò concordato davvero in tutto, perché dissuaderti sarebbe valso come il tentativo di opporsi ad una Furia.
Anche in quel caso, comunque, sarai terribile e bella.
Ancora non ti conosco e sto qui a prometterti tante cose.
Ti ho promesso di non abituarmi a te, e lo farò: credimi, lo farò! Eccome!
Non mi abituerò mai a te: ai tuoi gesti, al tuo modo di tagliare il pane, di lavare i bicchieri, di afferrare una penna per scrivere o un pennello per dipingere.
Non mi abituerò mai al modo in cui mi verserai il caffè, al tuo arrossire pudicamente per una domanda forse troppo "osé", al tuo dirmi che tutto va bene quando invece sarai devastata dentro, alle piccole bugie sul prezzo del nuovo paio di scarpe o del nuovo tailleur, al tuo trovare sempre un modo per far quadrare le cose in casa quando (ed accadrà sicuramente) troverò un modo per litigare con uno dei nostri figli, al tuo chiedere scusa, al tuo guardarmi intensamente negli occhi, al tuo dirmi "ti amo", al tuo chiedermi di ballare sulle note di quella canzone che non sentivamo dal giorno delle nostre "trentanove parole". Come potrò mai abituarmi a te, dimmi? Come potrò mai abituarmi alla profondità del tuo sguardo, al tuo rendermi felice solo dicendomi "Buongiorno" la mattina appena sveglio?
Come potrò mai abituarmi a tutto questo?
Quale uomo sarebbe tanto pazzo da farlo? Tu mi meraviglierai ogni giorno, ne sono certo. Forse, ora, ti starai chiedendo (o forse no, giacché di questa ulteriore lettera neppure conosci l'esistenza) come sia possibile non abituarsi a gesti così normali e che potrebbero passare quasi inosservati. Beh, la risposta è semplice: non li lascerò passare o cadere inosservati perché ogni gesto sarà il segno luminoso della mia nuova vita, della mia vita rinnovata. E quando me lo chiederai, quando mi chiederai perché, mentre prepari il caffè, io starò fisso sulla soglia della porta osservandoti con lo sguardo assorto e l'aria trasognata, quasi stia osservando un'opera d'arte, ti risponderò: "Perché prima di te non vivevo, respiravo e basta. E questo non è bastevole per un uomo: un uomo, per vivere, deve amare!".

Un giorno, precisamente in un giorno qualsiasi dal nostro primo anniversario in poi, ti porterò fuori. Non sarà il nostro anniversario, quello sarà già passato; non saranno delle feste particolari (Natale, Pasqua, il primo dell'anno), quelle sono già feste e sono già giorni particolari; non sarà il tuo compleanno; non sarà l'anniversario del nostro primo bacio o del nostro primo appuntamento o qualunque altro evento rilevante; sarà un giorno.
E quel giorno ti corteggerò spietatamente, ti tratterò come la più preziosa delle gemme nel più fragile dei castoni, ti ricorderò che ti ho scelta per tutta l'esistenza del mio fiato e che non avrei potuto scegliere nessun'altra.
Sarà un giorno, un giorno qualsiasi, che arriverà silenzioso e ti si poserà in grembo con tutto il mio affetto e sarà una sorpresa. Ed ogni anno cambierò giorno, non lascerò una data fissa: lo farò per ricordarti che ogni giorno, di ogni anno passato o a venire, tu hai illuminata la mia vita e continui e continuerai a renderla radiosa. Quello sarà davvero un giorno speciale: sarà il "Giorno della Scontatezza".
Il giorno in cui ti ripeterò in modo più chiaro, più forte e più esauriente, che non potrò mai darti per scontata e che non mi abituerò mai a te.
E questo giorno lo fisserò per farmi perdonare: farmi perdonare l'assenza dal saggio di danza di nostra figlia o dalla recita di nostro figlio, l'essere arrivato in ritardo alla prima ecografia, l'aver dimenticato di andare a prendere tua madre alla stazione (ok, magari questo l'avrò fatto volontariamente), il non aver notato un tuo malessere, l'averti lasciata sola a badare alla cose di casa quando avresti avuto anche da lavorare, il mio essere imbecille. Per farmi perdonare per cose come queste ed altre, più piccole, disattenzioni che logorano i rapporti come una corda sulla fiamma.
Quel giorno, carissima donna che verrai, non sarà secondo a nessun altro giorno di festa e sarà solo nostro. La sola certezza che posso offrirti, è che saremo noi a spezzarci prima di aver consumato tutti i giorni che sarà lecito rendere straordinari. Spero solo che quando il mio bastone farà "crac" i nostri figli potranno riuscire a sopportare l'idea che le brevi vite dei loro genitori erano, da sempre, create per essere un solo respiro.
Nel frattempo, però, sono ancora qui. E ti aspetto.


Tuo, con affetto incommensurabile, Claudio

Commenti

Post popolari in questo blog

Canto mongolo

Ozymandias, ovvero le vestigia della mia grandezza

Non conosco il tuo nome

Alla Donna passata

Ascolta, mio povero cuore

Parossistica di ogni sublime tristezza

Lettera alla donna che verrà

Lettera dal Mare