Partire, considerazioni in anteprima...


Miei amati cari quattro lettori, avevo promesso che sarei a voi tornato dopo gli scritti, ebbene torno a voi due settimane più tardi rispetto a quanto avevo previsto. Tenendo conto del fatto che per cinque lunghi anni non ho mai fatto alcunchè, ritengo che l'85 con cui sono uscito è un voto più che meritato ma che rispecchia effettivamente solo le mie reali potenzialità piuttosto che le mie abilità; abilità che avrei dovuto acquisire durante questo quinquennio.
Il vero successo, come mi aspettavo, è stato l'orale: una commissione tutta per me. Sette persone realmente interessate e/o obbligate ad ascoltarmi contemporaneamente per la prima volta in vita mia: non capisco chi sostiene che io faccia assopire un uditorio quando tengo un discorso. Non è assolutamente vero o, forse, solo un poco.
Comunque, un trentasette netto e deludente agli scritti, un diciotto aspettato come punteggio di credito ed un bel trenta, anche se un poco inaspettato, come punteggio per la prova orale.
Insomma, non posso lamentarmi, non ho mai veramente studiato perchè, sbagliando, ho preso un indirizzo verso cui non provavo alcun tipo di interesse e che ho portato avanti per cinque anni con indicibili sofferenze. Per cui, ripeto, mi dico più che soddisfatto.
E adesso m'attende la mia vera grande passione la facoltà di Lettere che ho deciso di frequentare a Siena. Non solo perchè città piccola e tranquilla rispetto a Roma e perciò più adatta agli studi, e non solo perchè da cinque anni il Censis ha nominato la facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli studi di Siena, la migliore facoltà di lettere e filosofia d'Italia ma anche e soprattutto perchè è il luogo più lontano da casa mia, dai suoi dolori e dal mio grande dolore che cerco ardentemente e con forza di superare: Silvia. Un dolore che m'opprime il cuore ogni volta che la vedo, da sola o insieme a lui e ogni volta che vedo qualcuno che me la ricordi o che abbia il suo stesso profumo o un suo stesso particolare, come ad esempio un tatuaggio simile. Dunque, è per il dolore che parto, per questo ed altro e perchè ho la necessità, il bisogno di costruire qualcosa lontano da qui.
Lontano dalla mia famiglia che permea ogni aspetto della mia vita.
Ho la necessità di sentire che ciò che realizzerò, un qualcosa di tangibile, sia pienamente mio frutto. Non voglio rimanere a vita col dubbio d'essere il risultato di ciò che la mia famiglia ha deciso per me e perciò parto.
Sapete, ho già fatto considerazioni al riguardo che pubblicherò il prima possibile: sull'andarsene, sul partire. Sul senso di questo viaggio che mi terrà lontano da casa almeno cinque anni o forse più e che, a Dio piacendo, se tutto andasse come io spero e prevedo, diventerà luogo di dimora fissa, per sempre. Tuttavia non tengo ora a mettermi paletti, a darmi indicazioni obbligatorie su cosa fare col mio futuro più immediato. Vedrò, col tempo, col tempo...


Claudio

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