Sognando Sara...


Miei amati quattro, torno a voi, nuovamente, dopo un'assenza da queste pagine durata circa tre settimane.
Quello che voglio oggi raccontarvi potrebbe complicare estremamente i miei rapporti con Sara, una fra le mie più care e "vecchie" amiche, tuttavia in queste parole non c'è malizia e, come sempre, anche qui (anche in un sogno) , persiste l'ombra di Silvia di cui non riesco ancora a disfarmi. Veniamo al dunque: ho pochi frammenti di questo sogno, ma tenteremo un'altrettanta frammentaria ricostruzione.
Ricordo poco: in principio mi trovavo in un negozio, acquistavo quello che potrei definire come un portachiavi in plastica dura a forma di animale, benchè non ricordi che vi fossero attacchi per le chiavi, anzi, molto nitidamente posso ricordare che assolutamente non vi erano: dunque, un pupazzo, un oggettino, di plastica dura a forma di animale.
Il sogno, per quanto ricordi, riprende su un marciapiede che costeggia un muro alto di cui non scorgo la sommità: in effetti non rivolgo nemmeno lo sguardo verso l'alto per interessarmene. Era, forse, paragonabile ad un tratto di vecchie e scalcinate mura romane che lascino intravvedere i loro laterizi rossi.
Era sera, non ricordo da dove però, provenisse la luce che illuminava la scena.
Improvvisamente, davanti a me, un'auto di colore scuro si ferma parcheggiando in fretta sul marciapiedi. C'è gran tumulto all'interno, una persona scende ma non la scorgo con attenzione perchè esattamente in quello stesso momento Sara si presenta al mio fianco, quasi uscita dal nulla o forse proprio da quell'auto scura. Prendiamo a parlare e l'auto riparte.
Non ricordo di cosa iniziamo a parlare, nè come.
Ricordo che parlavamo di noi, eravamo più che semplici amici a quanto pare.
Parlavamo di noi, di lei, del suo ragazzo che diceva di voler lasciare. Improvvisamente, dice di avere qualcosa per me: sulla spalla sinistra portava una borsa della quale non m'ero ancora accorto.
Ne tira fuori un pupazzo: era un maiale in resina trasparente.
Ritengo fosse la stessa sostanza del mio pupazzo cui ho accennato poco sopra, sì, certamente era anche quella resina trasparente.
Ciò che mi stupì non fu tanto il suo dono, quanto le dimensioni di questo: era grande all'incirca quanto uno schermo per computer, un poco più piccolo, intendendo la larghezza e ricordo chiaramente d'essermi chiesto come fosse possibile che un simile oggetto così pesante e così ingombrante fosse potuto entrate in quella borsa che sembrava vuota e leggera. Comunque, la ringraziai e le dissi che anch'io avevo qualcosa per lei ma di molto più modesto: così tirai fuori il mio pupazzo e glielo diedi.
Eravamo davanti ad un parco ma, parlando, ci stavamo dirigendo a lato di questo dove ce'erano dei gradini che scendevano.
Dopo lo scambio la ringrazia ancora, dicendole che nessuno, nemmeno Silvia, aveva mai fatto tanto per me. Lei mi rispose che non era alcunchè, che le aveva fatto piacere. Continuammo a parlare, dandoci la mano. Camminavamo con un'andatura lenta, fianco a fianco, mano nella mano. Era tutto così dolce.
Era come se l'aria fosse impregnata di una dolcezza infinita che mi regalava una magnifica sensazione: era stupenda. Nelle nostre parole non c'era malizia, non c'era quella forte sessualità che caratterizza i linguaggi degli amanti quando si dicono e si giurano amore.
No, nulla di tutto questo: c'era dolcezza e fiducia e bellezza ed una profonda tranquillità interiore.
Lei aveva gli occhi sereni: io la ringraziai ancora. Le dissi che nemmeno con Silvia ero mai stato così bene, che questo rapporto con lei mi faceva bene: le parole erano come dovrebbero essere sempre, pure, semplici, pulite.
Erano le parole di due persone che si amano: parole piene di tenerezza e di fiducia.
Non posso dire, nè esprimere l'infinita bontà e tenerezza e l'affetto di tutto quel discorso e delle parole fra noi.
Continuando a parlare mi disse che il giorno prima il suo fidanzato ********  le aveva stretto le braccia attorno alla vita cercando ovviamente altro e lei l'aveva respinto scansandole il braccio e voltandosi dall'altra parte, in aggiunta mi disse che con lui chiaramente era finita.
Eravamo ormai alle scale: vecchi gradini che scendevano lungo e seguivano il corso d'un muro che, in alto, delimitava il parco poco sopra. La pedata dei gradini era più ampia dell'alzata: forse vecchi gradini medioevali. Le dissi che le ero grato anche per questo, che nessuno, nemmeno Silvia, aveva mai fatto tanto per me ed in cuor mio (nel sogno) ero memore del suo tradimento.
Mi svegliai d'improvviso, ecco tutto.
Sapete, non so perchè Sara sia stato oggetto di questo mio sogno: è una mia cara amica e non ho mai pensato ci potesse essere altro; non l'ho mai pensato nemmeno dopo questo sogno. Certo è, che l'avevo sentita solo qualche ora prima di coricarmi, nel pomeriggio, e questo aggiunto alle sue parole che sono sempre dolci ed alla sua voce sempre lieve, la fa sembrare magnifica anche quando si altera: forse è per questo che, anche in quei casi, non l'ho mai presa seriamente.
Ecco, spero Sara non sia a conoscenza di queste pagine e nel qual caso lo fosse: "Cara amica, è stato solo un sogno, perdona la mia mente".
E per oggi, miei amati quattro, con questo, concludo. A molto presto, a domani, o forse, ad oggi stesso.

Vostro, Claudio  

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