Dove si danno banchetti da restarci secchi! No proci, ninfe e perditempo!
Il passo a pochi passi dall'altare
Miei amati, sono a Fiumicino. In partenza per non posso dirvi dove. A segnare un importante traguardo ed un punto di inizio nella mia vita. Forse, quando torneró, saró piú chiaro. A presto.
Vostro, Claudio
Il treno non si muove. I paesaggi che fino a poco prima si sono susseguiti rincorrendosi, hanno ora lasciato il passo ad un pallido biancore: arranchiamo nella neve. Non posso allora non pensare, fissando questo tutto che si riduce ad un nulla monoespressivo, ma di una virginea bellezza, che questo è l'unico segno del cielo che non ci ha mai visti in uno dei nostri abbracci stretti . Ho sempre molto desiderato, fintantoché ancora sommavamo i nostri giorni insieme, ho desiderato che questo testimone del cielo ci vedesse così: noi, semplicemente . Uniti in uno di quegli abbracci in cui non si saprebbe dire il proprio estremo limite, tanto si è formati all'altrui forma. Avrei desiderato la neve ci cogliesse così: candidi anche noi . Pallidi, esanimi per la fatica, avvolti da quei sudari di dolcezza che erano, in quei momenti, le nostre lenzuola. Talvolta, solevo immaginarci più bianchi della neve stessa: quasi che la nebbia del mattino, entrando dall'ampia finestra, pot
In quel momento apparve la volpe. […] "Vieni a giocare con me", le propose il piccolo principe, sono così triste... " "Non posso giocare con te", disse la volpe, "non sono addomesticata". [...] "Che cosa vuol dire "addomesticare"?" […] "È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami..." "Creare dei legami?" "Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo". […] "La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se
Passati sono i tempi nei quali agivo come un ‘tombeur de femmes’, con una compassata disinvoltura (in verità mai posseduta) che sempre malcelava la mia rigidità. I capelli cadono, una incipiente calvizie avanza trasformando la mia testa in una agorà, ma non per idee. Indosso un ridicolo taglio di barba che mi ricorda e la mia pigrizia nel raderla con frequenza e la necessità di caratterizzare un volto con qualcosa che, una volta almeno, possa essere io -e non il tempo- a decidere. Mentre la mia intelligenza perde progressivamente il suo lustro e la sua effervescenza, la mia aura di bislaccheria il suo smalto. I modi una volta compassati ed eleganti si fanno solo più bruschi, l'educazione si muta in affettazione apertamente ironica, quando non sarcastica. La brillantezza di tutta la mia persona, mostra le sue crepe decadenti. Eccola l'età del cambiamento, eccola la fine dei vent'anni: gastrite, reflusso e dolori alla cervicale. I poveri nervi che fanno tanta parte del co
Mia carissima, sembra non passare giorno senza che una parte di me, per quanto piccola, ti riservi un angolo di tempo, un lasso di spazio consacrato all'incidentalmente pensarti: il resto di me, invece, compie lo sforzo immane non già di dimenticarti ma di porre a quest'alterità pensante, che ti figura in un passato nel quale immaginavamo il presente, la domanda di senso che succede quei giorni pregni di significato: "Perché?" Perché riaffiori? Perché sei ancora qui? Perché lasci che la sua figura trasparisca come un'eco del passato? Ci sono momenti nei quali, specchiandomi in un vetro che guardi al domani, rivedo fra luci ed ombre la mia immagine riflessa e la tua pure, che si sovrappone a tutti i futuri possibili ed in quelli più concreti riaffiora sui volti che travedo vicini e mi figuro tratti nuovi ed immaginifici capaci di ricomprenderti. A questo punto della mia vita, dove pensarti diversamente non è più solo un'ipotesi, mi chiedo se la ferocia con la
Ascolta, mio povero cuore vedovo d'amore, ti porto la consolazione: voglio raccontarti la storia dell'uomo che andò a cercare se stesso, battendo di palmo in palmo la più santa delle terre, e toccò con le sue mani le stesse pietre che il Cristo avrebbe potuto tramutare in pane; ma che tornò colle ossa rotte e forse ancora più peccatore, i piedi smarriti, lo sguardo sperso ma una corda innamorata e la cassa espansa da tanto affetto trovato e poi nuovamente celatosi. Voglio raccontarti la storia dell'uomo che tanta parte ha spesa del suo tempo a costruirsi un futuro di carta, che pare però non addivenire, e su questo ha scritto appassionate pagine vergate d'un inchiostro sanguigno: ti dirò di come abbia combattuti acqua e vento, galoppate in treno le vaste distanze che lo separavano dalle sue speranze, rinverdite le sue gioie nei verdi pascoli dove i libri si incontrano e ne sia comunque uscito sconfitto. Ti dirò dell'improba sua battaglia per ricevere delle sue fat
Carissima donna che verrai, spero che questa mia ti trovi bene, chiunque tu sia, ovunque tu sia, in qualunque situazione tu sia. Lo so, devo parerti pazzo: chi scriverebbe mai una lettera d’amore ad una donna che non ha mai incontrato e che spera, un giorno forse, di incidentare in uno di quei soliti momenti della vita dove non si riesce a percepire la propria esistenza se non come un binario eternamente parallelo ad altre vite che gli corrono accanto, senza mai toccarsi? Tu, cara donna ignota, non sarai il mio “punto di fuga”: non sarai quel miraggio lontano, quel gioco dell’ottica e della vita, che vuole che solo l’apparenza coroni il sogno di due punti che si incontrano. Tu, invece, sarai il mio incidente inaspettato: l’accidente per cui ringrazierò Dio ogni giorno della mia vita, l’unica persona che sarà in grado di farmi versare lacrime di dolorosa gioia. Neppure, però, sarai la retta che mi incrocerà in un singolo punto: correremo insieme, le nostre linee si intr
Alla nuova donna che verrà Mio dolce amore, avrei voluto averti qui, con me, sulle sponde del Mare di Galilea a contemplare quella santità semplice che sembra spiegare ogni cosa e come tutta la ruota perfetta del mondo trovi in Lui la sua “raison d'être”. Avrei voluto averti qui, e tanto mi sarebbe bastato, e tutta la mia vita avrebbe probabilmente raggiunta la sua più perfetta compiutezza: ti ho straveduta, ancora, fra le onde mentre un gabbiano solitario vi planava e, poco distante dalla riva, da quelle si faceva cullare. Avrei voluto averti lì, perché è stato quanto di più santo la vita mi abbia permesso di esperire: ma tu sei quella sperevole assenza che rende vivo questo mio desiderio. Davanti a quel Mare, amica mia, potrei tradurre i nostri giuramenti in una santa promessa: la promessa che, quando ci chiameremo con quell'amorevolezza che, unica, si vuol sentire una sola volta, comincerebbe per noi quella semplice vita nuova fatta non di sterili rime ma di ogni gioia fac
La giornata di oggi segna l'inizio astronomico della Primavera: bentornata, amica mia! Non ho granché di cui lamentarmi: qui, su questo scoglio solitario, presso la punta di vedetta della mia terra tutta che si protende verso il mare, godo della mia beatitudine. Ho finalmente avuto il lavoro dei miei sogni, che comincerò però solo il mese prossimo (perciò ho TAAANTO tempo libero), non ho preoccupazioni di sorta e mancano due giorni al mio compleanno. Potrei chiedere o desiderare qualcosa di più dalla vita? Onestamente, sì. Okay, bene, sono davanti al mare e mi manca comunque qualcosa: un pensiero profondo per cui gioirne vedendolo, che mi si rievochi al solo rimirarlo; una gioia feconda che mi faccia desiderare d'abbbracciarlo; un patimento sul quale struggermi. Sono davanti al mare e me ne manca la vita. Certo, come sempre mi sento parte di tutta la storia bimillenaria che mi abbraccia e, mentre Dalla canta di Caruso e dei suoi amorosi sensi, mi figuro navi greche solcare il
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