Via della Sapienza 25


In via della Sapienza 25, ho sentito un uomo parlare. Ho sentito un uomo parlare in modo chiaro del suo disprezzo per quelle pareti, l'ho sentito parlare chiaramente della misera inefficacia delle poche cose umane, destinate al fallimento.
Ho sentito vibrare la sua voce per quelle alte mura, che quasi m'è parso di vedersi ritrarre a tanto abominio. Ogni cosa gli sarebbe potuta rovinare sopra.
In via della Sapienza 25, ho capito che vuol dire una vita vuota, spesa solo a dare la retta intonazione a parole mai vissute.
Via della Sapienza 25 è una biblioteca, una grande biblioteca, un ricettacolo del sapere umano. Un contenitori di libri stampati con lo stesso piombo con cui si fondono le armi maligne. Un contenitore di armi assai più pericolose dei cannoni, un contenitore di malignità, di relativismo progressista, di sacrileghi abomini ignoranti. Ignoranti di quelle pareti per secoli oranti alla sola divinità più alta del sapere umano. Per quell'uomo che melodiava con cantilenante nenia quel grumo di parole ritmate, appese ad una corda, la vita non è che una riflessione che riflette sulla riflessione nata da un unico atto.
Quando verrà il sunto dei suoi giorni e si volterà a guardare quello che è stato costruito, noterà che i suoi intrepidi grattacieli sono sollevati da terra e non vi affondano le radici: non una fondamenta.
Allora le costruzioni crolleranno e la Vera Sapienza gli chiederà conto di cosa, in via della Sapienza 25, egli poté capire. Di cosa, in Via della Sapienza 25, in quell'istante in cui tutta la sua storia si era piegata, avesse fatto per comprendere.

Claudio

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