Tra le braccia


Pochi giorni, che s'appressano, mi vedono lontano dalla mia bella terra, dalla mia bella casa, dalla mia bella Chiesa. Sì, mi manca la mia Chiesa, più ancora che la mia stanza, più ancora delle stesse mura che m'hanno visto crescere.
In fin dei conti, anche queste, quelle, mura m'hanno visto giovane virgulto e arbusto resistente: possano, un giorno, vedere la quercia che sarò. Mi manca casa mia, la mia Chiesa.
E la mancanza diviene mancanza fisica, assenza, presenza di un corpo inconsistente.
Tra le braccia, è tra le braccia che vorrei stringere, la mia Chiesa.
Tra le braccia l'assenza si fa più acuta e le sue poderose colonne, che sembrano abbracciare me, l'abbracciare quelle mi manca: il ricordo degli abbracci, pelle contro pietra, carne viva contro alte mura vibranti ed oranti. Quello mi manca.
Sento un'assenza, un'assenza...
Tra le braccia sta la mia assenza, il fantasma di chi vorrei stringere.
E lo stringere quella, impossibile, diviene allora lo stringere fisico la colonna.
Il colmare l'assente con il sempre presente.
Quello che non vorrei lasciare andare con quello che non se ne andrà mai.
Le mie braccia sono vuote, afferrano se stesse, l'aria: tiro ganci a vuoto,
pugile allo stremo.
Le mie braccia afferrano se stesse, e si stringono e si sentono, il battito del cuore che proteggono: così chiuse, faccio di me un santuario di solitudine.
Ma se le apro, sento il vuoto, vuoto fisico. Vuoto che solo la tua assenza spiega, vuoto che solo la tua presenza colma.
E tu manchi alle mie braccia, più ancora che al mio cuore: lui, ti sta dimenticando...

Claudio

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