Novanta minuti



Miei amati, vi scrivo che sono in treno, in viaggio verso casa mia.
Con mio grande rammarico la docente dell’esame di Spettacolo ha spostato di una settimana l’esame, improvvisamente, sconvolgendo così tutti i miei piani e costringendomi a rientrare prima di quanto avessi programmato.
Un rientro temporaneo, beninteso. Passerò, infatti, a Siena tutto il mese di Luglio.
Orbene, visto che viaggio, posso anche scrivervi: direi che l’ispirazione del momento è proprio questa!
Ieri sera (in questo modo potrete capire quando sto scrivendo) il mio compagno di stanza mi ha trascinato a vedere la partita della Nazionale italiana contro quella irlandese. Facciamo un piccolo passo indietro: cosa che non vi ho mai detto è la mia avversione particolare nel considerare il calcio e, in modo particolare, nel considerarlo un’arte (così come osa definirlo il mio compagno). Presso di me questo sport, insomma, ha sempre goduto di scarsa considerazione; quasi nulla, devo ammetterlo.
Tuttavia riconosco come il piacere di una grande compagnia, il fervore che tutti anima e prende, l’improvviso patriottismo che ognuno dichiara nel cantare (anzi, professare) l’inno così come in Chiesa si professa il Credo, la folla che si muove “come un sol uomo” (ultimo residuo rimastoci dell’organizzazione militare imperiale), abbia coinvolto e preso anche me che raramente mi lascio andare a questi (ma sì, perché non definirli così?) piccoli piaceri, a queste gioie effimere.
Ammetto che la serie di piccoli infarti che ho avuti durante tutti i novanta minuti non li provavo da molto e mi hanno distratto dal pensiero che ultimamente si è imposto e continua a torturarmi: quello di Elisa, e non solo. Sapete bene, ve lo dissi, che c’è qualcosa cui non posso completamente accennarvi perché bene non so cosa sia e che questo qualcosa, ovviamente, riguarda “qualcuna”.
Beh, sembra che - tra il risorto amore per Elisa (o forse mai spentosi) ed il sentimento confuso per questa “qualcuna” di cui davvero non mi sento di parlare con alcuno – sembra, dicevo, che stessi uscendo fuori di testa e devo ammettere (a malincuore ma devo farlo) che quella partita mi ha salvato, concedendomi tregua per almeno una sera.
Inoltre, come se tutto ciò non bastasse, una serie infinita di “calamità”, sventure, eventi eccezionalmente negativi, e tutti contemporaneamente, mi si stanno per abbattere sul capo o, se non sul mio, quantomeno su quello di chi mi sta molto vicino e, per naturale conseguenza, si rifletteranno anche su di me.
Perdonatemi questo mezzo sfogo ma ne avevo davvero bisogno, sono giorni pesanti.
La partita di ieri sarà anche stata una vittoria nazionale, ma io preferisco considerarla come una mia piccola vittoria su tutto ciò che mi circonda.
A rincuorarmi da tutti questi crucci, come sempre, ci sono le “donne della mia vita”, le mie più care amiche: la cara Federica e la cara Zippora.
Approfitto di questa citazione per salutarle anche da queste pagine benché le senta regolarmente.
Beh, miei amati, posso solo dirvi che tornerò a scrivervi molto presto.
Tutto dipende da quando pubblicherò questo post. Ad ogni modo troverete, come di consueto (nei periodi in cui scrivo con costanza), un post fra due o tre giorni. Vorrei solo ritrovare la pace dei giorni che precedevano la stagione degli amori, per gli uomini, senza fine.

Vostro, Claudio

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