Lettera alla donna che verrà


Carissima donna che verrai,

spero che questa mia ti trovi bene, chiunque tu sia, ovunque tu sia, in qualunque situazione tu sia.
Lo so, devo parerti pazzo: chi scriverebbe mai una lettera d’amore ad una donna che non ha mai incontrato e che spera, un giorno forse, di incidentare in uno di quei soliti momenti della vita dove non si riesce a percepire la propria esistenza se non come un binario eternamente parallelo ad altre vite che gli corrono accanto, senza mai toccarsi?
Tu, cara donna ignota, non sarai il mio “punto di fuga”: non sarai quel miraggio lontano, quel gioco dell’ottica e della vita, che vuole che solo l’apparenza coroni il sogno di due punti che si incontrano.
Tu, invece, sarai il mio incidente inaspettato: l’accidente per cui ringrazierò Dio ogni giorno della mia vita, l’unica persona che sarà in grado di farmi versare lacrime di dolorosa gioia.
Neppure, però, sarai la retta che mi incrocerà in un singolo punto: correremo insieme, le nostre linee si intrecceranno. Fino a quando, una delle due, non giungerà al capolinea.
Sarai l’unica persona talmente folle da riuscire a pronunciare quelle fatidiche trentanove parole: quelle che hanno più valore di tutti i “ti amo” del mondo, quelle che fanno rabbrividire e che, per un solo secondo, si spera ardentemente
(dopo averle dette) di sentirsi ripetere.
Sì, oggi in una visione profetica, lo vedo chiaramente: verrai, farai il lungo passo (lungo soprattutto per me), e mi dirai le uniche parole d’amore che mai vorrò pretendere dalla tua bocca.
Perché, ne sono certo, se anche i giorni a venire (i giorni da quel giorno) dovessero veder l’aria secca, secca d’amore, mi basterà ricordare quelle parole per essere certo del tuo amore.
Tuttavia, io, non smetterò mai di dirtene: oh, non perché le mie (pronunziate con fervente ardore) saranno meno veritiere o meno intense, ma perché certa so la necessità d’ogni donna di doversi sentire amata. Anche con qualche parola in più: parole che non ti negherò.
Certo, però, non bastano, non potranno mai bastare, le poesie e le canzoni e le lettere: cercherò di amarti ogni volta, in ogni sguardo, in ogni gesto, in ogni carezza, in ogni piatto da lavare perché il turno è il mio (oppure si prenderà una lavastoviglie, se ne potrà parlare), in ogni furiosa litigata, in ogni amplesso, di ogni giorno che verrà da quando ti incontrerò fino alla fine.
Ti amerò quando accompagneremo all’altare i nostri figli, quando non ci faranno dormire le prime notti, quando sarai troppo stanca per andare a lavoro, quando dirai “Questa sera ho mal di testa”, quando guarderò il riflesso dei tuoi occhi in quelli di nostra figlia, quando mi dirai “Sì” (quel sì), quando anche mi dirai di no.
Ti amerò, anche, sopportando tua madre…
Perché è scritto, nel cuore dei secoli, che ti troverò. Non ti aspetterò arrivare, cercherò di far più danni possibili, di prendere più botte possibili dalla vita, di prendere più delusioni possibili, affrettando il momento in cui saprò di poterti trovare dietro l’angolo. E sono certo, ora come in futuro, che il nostro amore sarà un deragliamento di quelli dalle conseguenze immani.
Saremo la farfalla che scatena il temporale. Ti troverò. Ci troveremo.
E ci cambieremo, ancora. E non saremo più gli stessi.


Siena, lì 12/07/13

Sono giovane, assai giovane, mentre ti scrivo queste parole. Non so perché lo faccio. Tu ci sei. Sei lì fuori, da qualche parte, inconsapevole. Capisco bene come il vuoto che ora sento, e che mi ha indotto a scriverti, è quello invero di un periodo infelice. Potrei trovarti persino domani, oppure oggi stesso. Non hanno mai senso lettere come questa. Questa almeno, serve a quietarmi.
Quietare il mio animo turbolento che troverebbe pace solo fra le tue mani, quietare la mia mente affannata che troverebbe riposo poggiando il capo sul tuo seno, potendo così bearsi del sonno che le donerebbe il tuo battito calmo.
Non so perché ti scrivo, ma so che manchi. Manchi tu, manchi ora, manchi qui.
Ho speso tante parole ma l’unica, l’unica che davvero manca al mio cuore, è il tuo nome.


Claudio



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