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"Poi, ecco, capitano momenti come questi e riesci a farti perdonare tutto. Perché in momenti come questi tu mi dai tutto. In momenti come questi non solo so che ci sei, ma che mi vuoi bene. Grazie Papà!" 

Caro Papà,

lascia che sia io, questa volta, a scriverti. Lascia che sia io, questa volta,
a risponderti. Lascia che sia io, questa volta, a dirti quanto bene ti voglio.
In questi giorni mi sono arrovellato per cercare di comprendere come questo tempo, che sento più vivo, sia la mia pienezza. Fin da quando sapevo questo giorno sarebbe giunto, ero conscio che più di altri mi avrebbe cambiato, più di altri avrebbe rappresentato un punto fermo nella mia vita, più di altri avrebbe significato l'apice fulgente di questo mio grande percorso, ed io sarei stato allora conscio che il tempo della pienezza era per me finalmente giunto.
Da quando ho memoria, credo di poter affermare di avere atteso questo giorno, che ormai giunge al termine, e di aver sperato che qualcosa magicamente accadesse. Aver creduto che tutte le mie speranze si tramutassero in realtà.
Tutte le mie gioie mi si presentassero innanzi e mi pervadessero l'animo.
Non so dirti con esattezza, e con parole umane, cosa mi aspettassi da questo giorno, perché la mia era un'attesa del cuore.
Mi rendo conto, adesso, di come tutte queste cose mi abbiano scavato un vuoto in petto. Vuoto che misuro con la quantità e la profondità dei sospiri che lo animano. Perché non sono solo le parole che tengo, senza luce, nascoste in seno.
Mi è davvero difficile scriverti, così, ed aprirti il cuore. Mi è difficile dirti che cosa mi passi per la testa. Ritengo che, per questo giorno, io mi attendessi una qualche tua parola, un qualche tuo gesto, una qualche tua azione.
Tu, invece, forse distratto, forse preso dalle troppe cose da fare, forse dimentiche di questo giorno o, peggio, di me. Di me, e dell'importanza che a questo giorno attribuisco. Forse per ognuna di queste cose, non te ne sei curato ed io non comprendo. Rimango ogni volta perplesso, e questa volta più di molte altre, perché mi stai davanti in silenzio e continuo a non capire questo silenzio.
Non so cosa voglia dire. 
È come se tu, sistematicamente, in questi particolari giorni fossi lontano da me. O forse, davvero, sono io che ti sento lontano.
Ripensando al numero di questi giorni, da quando ho ragione e ricordo, mi è sempre sembrato di aver atteso, di aver atteso qualcosa che tardava ad arrivare.
Così, ogni qual volta mi aspettavo arrivasse, stavo lì a spostare più avanti l'asticella della mia attesa, credendo che, in questo modo, avrei trovato un poco di pace. Questo giorno alla fine è arrivato e mi ha lasciato.
Fuggito via da me, rimastomi un poco saporito ricordo. Ed io che credevo di aver trovato la soglia della mia Speranza, sono costretto a ricredermi.
Sono costretto a spostare nuovamente l'asticella avanti.
E sono, ancora, senza punti e senza speranza.
Sono ancora alla mercè del tempo, dell'insicurezza, dei colpi di testa. Miei e altrui. Delle tue scelte che non comprendo...
Non so bene se dirti e ridirti, ora, tutto quello che ti ho detto in questi mesi ed in questo tempo: di come il mio cuore sia stato straziato e continui a straziarsi, di come la mia sola corda suoni una fra le sue più tristi melodie, di come i miei progetti siano crollati, le mie speranze disilluse, la mia sicurezza mi abbia abbandonato.
Sono un enorme punto interrogativo, pieno di passioni, privo di appigli.
Brucio come una poesia gettata in un camino: ardo, mi consumo troppo in fretta.
La mia fiamma è intensa e violenta, ma non brucia che per un istante e nessuno, così, riesce a riscaldarsene. Neppure io.
Eppure adesso, io non so io non conosco, adesso con te, questo mio presente, questo mio esserci ed essere presente con l'essere, mi dà pace, perché questa pace io la traggo da te.
Aldilà delle parole, le lettere, le discussioni e la voglia di scrivere: solo a casa con te sto bene. Perciò, ciao Papà! E grazie! Ci vediamo adesso.


Tuo, Claudio

 

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