Lettera (nuova) alla donna che verrà
sono addolorato, assai addolorato, nel dirti che ormai
dispero vederti.
Ho creduto, in una bellissima ed inconsistente illusione, di
averti finalmente trovata avendo però dimenticato tutto il percorso che mi
aveva portato a scriverti appena lo scorso Luglio: avevo dimenticato che nella
mia vita ci sono state, ci sono e ci saranno molte “persone giuste”; persone per le quali, tuttavia, io non sarò mai
quello giusto.
Quasi esattamente un anno fa, lo avevo capito ed il capirlo
aveva dato origine a quella profonda consapevolezza che volle dapprima che io
parlassi con Zippora riguardo i miei sentimenti per lei e, di poi, che io
approdassi alle soglie delle ragioni del
cuore e scrivessi a te, donna della mia vita, la lettera che un giorno
leggerai. Sono addolorato, assai addolorato…
Questa volta ho creduto, per poco, di averti davvero
trovata; ho creduto, per poco, che la donna dai capelli di grano e gli occhi di
selva, che avevo legata a me con un affetto indissolubile e ancorata alla mia
anima con nodi degni del più esperto lupo di mare, fossi tu. Ho creduto, e la
parte meno razionale di me ancora lo crede, che lei potesse essere quella
giusta. Che lei potessi essere tu: quanto sbagliavo!
La mia vita e la sua sono stati due binari paralleli per
molto tempo (e per questo tempo concessomi, io la ringrazio: Iddio me ne è
testimonio): ora, i nostri binari corrono altrove, distanti, le nostre vie si
sono prima incrociate in un solo punto e poi separate e, quel miraggio lontano
che ci vedeva uniti, era solo un punto di fuga. Il punto di fuga di una
relazione al termine. Un’illusione, un miraggio, un gioco. Gioco dell’ottica e
della vita.
La sua bocca non pronuncerà mai le fatidiche "trentanove
parole”, che ora sento allontanarsi sempre di più, e non vedrò mai il riflesso
dei suoi occhi silvani in occhi altri, in occhi che mi avrebbero riconosciuto.
Non sarà lei il mio “accidente inaspettato”.
Quell’immagine sta lentamente e dolorosamente sparendo.
Non sarà lei il mio “accidente inaspettato”.
Quell’immagine sta lentamente e dolorosamente sparendo.
Poesie, canzoni, lettere: sono parole che ho usato, che le
ho usato. Parole che non sono bastate ed a cui non è stato concesso poter
essere altro, a cui non è stato concesso poter essere gesto, a cui non è stato
concesso poter essere amore.
Ma va bene, va bene così: lo vedo chiaramente solo
ora. Così doveva essere.
E ciò che è accaduto doveva essere tale, non sarebbe
potuto andare altrimenti, perché in caso contrario ora non sarei qui a
scriverti.
Ora non sarei qui a scriverti nuovamente, ad aspettarti nuovamente
con ardore maggiore della prima lettera, ora non sarei qui a chiederti di
disvelarti, di confessarmi tutta la tua meravigliosa esistenza e di affidarti
completamente a me come solo chi ama veramente, veramente sa fare.
Altrimenti ora non sarei qui, ad aspettare qualcosa di
migliore.
Ad aspettare, ad ex spectare: a contemplare, a mirare, a guardare a
quel futuro nebuloso in cui spero di intravederti. Quel futuro di cui, al
momento attuale, rappresenti l’unica speranza tangibile, seppure ancora così
flebile ed incerta.
Altrimenti ora non sarei qui, ad aspettare qualcosa di
migliore. Ad aspettare te.
Perché lo so che arriverai, lo so. E quel giorno non sarò io
a negarmi, non sarò io a negarmi a te, non sarò io a chiederti di aspettare.
Solo, non giungere domani: preso dal mio dolore, se tu arrivassi nella mia vita
domani, potrei non vederti ed io voglio, VOGLIO, vederti. Voglio trovarti.
Perché quando quel giorno arriverà, e con esso arriverai anche tu, ti amerò
come solo so fare. Ti amerò con poesie, lettere e canzoni, ti amerò con i miei
sguardi silenziosi, i miei gesti strani ma gentili, le carezze che omaggeranno
la mano prima ancora che il volto radioso o il bel corpo aggraziato.
Ti amerò ogni volta ed ogni giorno. Ed ogni giorno
ricomincerò ad amarti daccapo, così che mai potrò stancarmi d’amarti ed ogni
giorno sarà come il giorno in cui ti avrò detto, per la prima volta, “t’amo”.
E farò tutto questo perché tu mi lascerai essere
responsabile verso di te: perché dal giorno in cui pronuncerai le fatidiche "trentanove parole”, dal giorno in cui io pure le dirò a te, tutti e due ci
saremo scambiati l’esplicita promessa di rispondere all’altro, ogni giorno, con
tutto l’amore possibile.
Ho capito, allora, che il mio sguardo nello scriverti quella
prima lettera è stato assai più lungo di quanto avrei potuto immaginare.
Perché
ho preso una botta, di nuovo, dalla vita e so che questa non può che affrettare
il momento in cui ti troverò dietro l’angolo; perché ho accolta un’altra
delusione ed altre ancora mi attendono, perché non ho fatto ancora abbastanza
danni...
E sono certo, ora
come prima come in futuro, che il nostro amore sarà un
deragliamento di quelli dalle conseguenze immani.
Saremo la farfalla che
scatena il temporale. Ti troverò, ci troveremo.
E ci cambieremo, ancora. E non
saremo più gli stessi…
Claudio
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