Il sogno di Cli Cla


Miei amati quattro, sono tornato! E proprio in questa giornata così funesta, così triste e così luminosa! Sì! Il sole che quest'oggi sorride alla mia finestra non mi rende allegro e sapete perché? Perché rende tutto più luminoso e fa notevolemente risaltare quegli inutili fiori che vengoni chiamati "mimose". Ah, triste giornata questa....
Ché non s'offendano le lettrici, ma fuori da questo modesto angolo di pensieri sono notoriamente un anti-femminista e l'otto marzo, la Giornata Internazionale della Donna, mi dà sui nervi.
Voglio dire, la Storia è stata scritta dagli uomini. Per quale presunta parità di diritti le donne meritano delle "quote rosa" in ogni ambito del civile?
E per quale motivo una festa internazionale loro dedicata? Risponderò ora: queste sono vere e proprie forme di disuglianza, altro che parità di diritti! Anche gli uomini meriterebbero una festa ma le date nelle quali i grandi uomini del passato hanno compiuto grandi imprese, sono così tante che credo (a tutto diritto) si possa affermare che tutto il resto dell'anno dovrebbe essere festa maschile!
Non è tuttavia su questo che voglio intrattenermi: si sarà capito dal mio tono, scherzavo. Anche se, sulle "quote rosa" ho avuto e avrò sempre pesantemente da ridire a causa del mio attaccamento al principio di uguglianza costituzionale, tuttavia è un argomento che tratteremo in giorni più opportuni.
Ebbene, chi è Cli Cla? Questo è un vecchio soprannome che mi fu dato durante il mio primo campo di A.C. e dal quale non riuscii a scollarmi per diversi anni: il mio viceparroco d'allora ancora mi chiama così le poche, e rare, volte in cui ci incontriamo. Le origini sono incerte: infatti Marilyn, una cara ragazza che con me si trovava durante quel campo, lo faceva risalire ad una sua compagna di banco (nonché mio primo amore) che spesso le parlava di me usando questo nomignolo.
Proprio di Federica stiamo parlando.
La mia più cara amica, invece, ricorda d'avermelo affibiato ai tempi della scuola: caso vuole che anche costei si chiami Federica.
Comunque, mi rimase addosso per qualche anno: i più maliziosi ancora mi chiamano così volendo utilizzare un nomignolo che a loro sembra parere affettuoso e segno della nostra lunga conoscenza.
Perché riutilizzarlo oggi? Semplice: il mio Maestro, che fra amici si faceva chiamare Dante, anch'egli fece un sogno che oggi porta nome a guisa di quello che io ho mostrato nel titolo, col solo nome finale (e che nome!) a differenza. Traducendo: tutti conoscono il più noto "Sogno di Dante".
Un sogno dunque, ma di una parvenza di realtà assai credibile. Tornando giusto ieri, essendo mercoledì, dalla consueta riunione con l'A.C. e amabilmente discorrendo con la cara amica di cui pure vi dissi, e che qui cominceremo a chiamare Zippora, la mente si oscurò e caddi nel sonno.
Il sonno fra le parole è un sonno dolce. Ma improvvisamente ecco, luce!
Se fosse umana io non so, se fossi già nel mio giaciglio, lo ignoro. Ma luce, vi dico, mai vista prima! L'oro alchemico, raggio di sole sotterrato, è verità.
E l'ho visto posato su belle membra aggraziate. Ho visto il tempo fermarsi per prendere fiato e cedere il passo alla bellezza, che sempre gli sfugge perché non legata a lui.
Il respiro del tempo ed un sorriso in cui ho viste le Porte Eterne, i Campi Elisi! Come potevo, dunque, fermare il canto muto che nasceva nel petto?
Non ho potuto ed il cuore, non già innamorato ma estasiato, s'è empito di gioia nuova. Gioia in giorni così tristi e solitari...
Questa mattina mi sono risvegliato nel mio letto: non so bene cosa sia accaduto da quando, lasciata Zippora al bivio, mi incamminai verso la mia dimora e come nel mio letto sia arrivato.
La memoria ha un vuoto causato forse dalla troppa emozione del prepotente sogno che tutto m'ha preso.
Miei amati, con questo oggi vi lascio. Tornerò comunque presto a più concrete cose. A presto.

Vostro, Claudio

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