Le parole che non ti ho detto


A Enzo, io credo risorgerai...
01.03.12

Avrei voluto essere lì. No, non quel giorno: non ne avrei avuto cuore.
Avrei voluto essere lì prima. Tutti quegli anni di assenza, credendo davvero di aver fatto la scelta migliore, di aver scelto per me.
Perché l'odio ci rende così fragili? Odiando posi un muro e tu ne fosti una vittima indiretta, come gli altri. Tutti quei Natali, quelle feste...
Quello che ho preso negli anni precedenti non posso dimenticarlo: cosa vuol dire essere davvero "signore" l'ho imparato da te.
Il rispetto che imponevi tu, imperioso, solo guardando le persone negli occhi.
O la tua figura, così emaciata, scavata dagli anni, dagli affetti, dalle delusioni, dai fallimenti ma anche da qualche gioia.
La gioia, per chi non v'è avvezzo, diventa anch'essa un fardello che scava il cuore. Eppure la tua figura, emersa da un'epoca lontana, imponeva rispetto: una figura mitica, mitologica. Metà uomo e metà titano antico.
Nelle tue parole c'era la forza della montagna. Nonno, nonno Enzo, così ero solito chiamarti. A volte, per questioni di imbarazzo, cercavo di evitare il "nonno" e di rivolgermi a te senza usare un soggetto preciso.
Quanto mi duole dirti che lo faccio ancora oggi, ancora ne ho vergogna.
Sai il tuo ultimo nipotino? L'hanno chiamato Vincenzo, proprio come te. Ma tu non l'hai mai visto: se ti sarà simile, sarà un grand'uomo.
La tua voce era un canto epico e malinconico, di quelli dove gli eroi muoiono, quelle antiche storie che oggi non canta più nessuno. Ecco di cosa sapeva la tua voce, veniva anche quella da un lontano passato remoto: pronunziata da cantori o trovatori, quelli che alleviavano il re dalla propria sofferenza mentre vedeva il proprio regno bruciare.
Quanti regni bruciano oggi!
Eri un essere antico, raro: una vestigia dei tempi andati. Da te ho imparato ad aver passione per i grandi scrittori del nostro tempo, me l'hai insegnata tu quando dalla tua enorme biblioteca estraevi un libro e me lo donavi.
La consapevolezza di essere del Sud è una cosa che appresi da te, come pure la fierezza da mostrare nel dirlo. Ti sei fatto da te e nulla, nemmeno l'ignoranza, t'ha fermato: hai sconfitto persino lei da autodidatta.
Che amarezza mi riempie il cuore pensando agli ultimi anni: quante cose avrei voluto dirti, queste e quante altre ancora! Ma non c'ero, non ci sono stato: non ci sono mai nei momenti opportuni e mi domando il perché.
Il bastone che eri solito portare, per la vecchiaia e la malattia, ti dava una dignità da capo: spesso, quando eri seduto, contemplavo la risolutezza del tuo sguardo e quel modo particolare di tenere le mani congiunte sul bastone che avevi innanzi. Sì, lo scettro di un grande re, di un grande capo famiglia.
Io lo credo Enzo, io credo che risorgerai perché la bara l'ho vista ma non crederò mai che tutto finisca sotto la nuda terra! Io credo, risorgerai!

Claudio

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